Quando si parla della Corte dei conti, normalmente si pensa al giudizio di responsabilità. Il luogo dove si concentrano le angosce di molti amministratori pubblici. Il giudizio pensionistico, invece, è ritenuto ancillare, rispetto al primo. Prova ne sia che, sulla base delle più recenti riforme, esso viene risolto in forma monocratica e non collegiale. Certo è che, se non vi fosse il giudizio di responsabilità, verrebbero meno molte delle ragioni di mantenere questo giudice speciale. In un epoca in cui l'impiego pubblico è stato privatizzato e in cui la giurisdizione sulla materia è stata affidata al giudice ordinario (secondo il rito del lavoro), perché mai dovrebbe esistere un apposito giudice delle pensioni dei dipendenti pubblici? I dati, tuttavia, offrono uno spunto interessante. Se il lettore avrà la pazienza di interrogare il sito della Corte dei conti, limitatamente all'operato della Regione Veneto (scelta solo perché è quella in cui noi operiamo), verificherà che dal primo gennaio al 20 agosto 2007 la Sezione locale ha pronunciato 450 sentenze in materia previdenziale; solo 17, invece, sono state le sentenze in materia di responsabilità. Con questi numeri, ha senso mantenere un intero apparato giurisdizionale? Tanto più che il reclutamento dei giudici contabili non è inferiore a quello dei giudici amministrativi: nel 2005 sono stati banditi 30 posti di refendario per la Corte dei conti; altrettanti ne sono stati banditi nel giugno 2007. Di contro, nel 2004 sono stati banditi 32 posti di refendario T.A.R. e nel 2007 altri 29 (oltre a due posti di Consigliere di Stato). [nota: il presente contributo esprime riflessioni personali dell'estensore e non illustra alcuna posizione dell'Associazione]
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