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ADOZIONE DI PROVVEDIMENTO DI ACQUISIZIONE COATTIVA SANANTE EX ART. 43 D.P.R. 8 GIUGNO 2001, N. 327 PDF Stampa E-mail
venerdì 12 ottobre 2007

T.A.R. Veneto, sez. I, 16 luglio 2007, n. 2501

Chiarisce la I Sezione che, in linea di principio, allorché la richiesta del privato di emissione di atti si collochi entro i confini dei poteri tipici attribuiti alla P.A. da precise disposizioni di legge, la pretesa all’esercizio di un potere (ancorchè formalmente discrezionale) deve sempre trovare soddisfazione nell’adozione di un provvedimento espresso: in tal senso la P.A. è tenuta a pronunciarsi anche in quelle fattispecie nelle quali, per l’ampia discrezionalità di cui gode nell’an prima ancora che nel quantum, essa stessa non sarebbe obbligata a provvedere d’ufficio. Resta ferma la facoltà di rigettare (motivatamente) l’istanza del privato.
Il Collegio veneziano ritiene applicabile tale principio anche al caso dell’istanza con cui il cittadino miri all’adozione di un provvedimento di acquisizione “coattiva sanante” ex art. 43 D.P.R. n. 327/2001, superando così il contrario orientamento secondo il quale non incomberebbe invece alcun dovere alla P.A. di provvedere in ordine a tale richiesta, “non sussistendo un obbligo ma solo una facoltà (“l’autorità … può disporre”), per l’Amministrazione di procedere all’acquisizione del bene al suo patrimonio indisponibile.” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II bis, 30 marzo 2007, n. 2785).

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei magistrati:

Bruno Amoroso          ‑ Presidente

Elvio Antonelli             - Consigliere 

Italo Franco                 - Consigliere- relatore

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n…….., proposto da , in persona del presidente in carica, rappresentato e difeso dall’avv…., con domicilio presso la segreteria del TAR Veneto, ai sensi dell’art. 35 del R.D. 26.06.24 n. 1054, come da procura a.l. in calce al ricorso,

contro

….., in persona del suo rappresentante legale pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria ex lege,

per la declaratoria

di illegittimità del silenzio serbato dall’…….. sull’istanza formulata come “sollecitazione di compimento di atto dovuto”, con il conseguente ordine di emettere il provvedimento richiesto.

    Visto il ricorso, notificato il 7.05.2007, e depositato presso la segreteria il 15.05.2007, con i relativi allegati;

    visto l’atto di costituzione in giudizio dell’………, depositato il  16.06.2007;

     vista la memoria prodotta dalla parte ricorrente a sostegno delle proprie difese;

    visti gli atti tutti della causa;  

    uditi all’udienza camerale dell’11 luglio 2007, relatore il Consigliere  Italo Franco, l’avv. ……… in sostituzione dell’avv. ………….. per il ricorrente, e l’avv. dello Stato Daneluzzi per la P.A. resistente.

   Ritenuto in fatto e considerato e in diritto quanto segue:

FATTO

Espone …………………….. che, con decreto prefettizio n. 3174/91 del 26.09.91, l’…… venne autorizzata all’occupazione di un terreno di sua proprietà al fine dell’ammodernamento della S.S. n. 11 e che, trascorso invano il termine di cinque anni ivi fissato (per l’emissione del decreto di esproprio), essa aveva citato in giudizio, al fine di ottenere il risarcimento del danno da accessione usurpativa, sia l’…… che la ditta che aveva effettuato i lavori, con atto di citazione del 30.08.99. Dopo che il Tribunale adito aveva declinato la giurisdizione con sentenza del 16.07.2004 –prosegue l’esposizione-, …………….. aveva proposto appello, sulla scorta della sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004, ma la Corte di appello di Venezia fissava, per la trattazione, l’udienza per il 16.11.2010. Sorte analoga seguiva il giudizio in materia di opposizione alla determinazione dell’indennità di espropriazione, sospeso fino alla definizione del giudizio di cui sopra.

Sul presupposto che l’……. dispone del terreno occupato sine titulo, lo stesso ……………….. riteneva di potersi avvalere dell’art. 43 del sopravvenuto T.U. in materia di espropriazione (DPR n. 327/2001), così notificando  atto di sollecito all’emissione del provvedimento previsto da tale norma (con atto notificato il 9.11.2006).

Poiché l’amministrazione non ha dato alcun riscontro a tale “sollecitazione di emissione di atto dovuto”, l’interessato ha, quindi, adito questo G.A. con il rito ex art. 21-bis della legge n. 1034/71, perché venga assegnato all’……… un termine perentorio per l’emissione del provvedimento ex art. 43, di acquisizione al patrimonio indisponibile, con il conseguenziale risarcimento del danno.

Si è costituita l’………, eccependo che il ricorso maschera un’azione di annullamento di atti ormai inoppugnabili quale, specialmente, il decreto di espropriazione n. 1126 emesso il 31.05.2002, il termine previsto nel quale era stato più volte prorogato.

Replica il ricorrente con successiva memoria, rilevando che non può profilarsi un conflitto di giurisdizione per via del processo civile pendente, dato il tenore dell’art. 43 citato, e che si tratta di occupazione usurpativa poiché sia l’occupazione d’urgenza sia il decreto di espropriazione furono emessi oltre i termini e, infine, che il petitum attiene alla pretesa che l’……… si pronunci, quale che il contenuto della sua determinazione.

All’udienza i difensori comparsi hanno svolto la discussione, ciascuno insistendo sulle rispettive tesi, dopo di che la causa è stata spedita in decisione.

D I R I T T O

Viene sottoposta al Collegio una controversia in materia di silenzio- rifiuto, peraltro contraddistinta da tratti caratteristici precipui, indotti tanto dal susseguirsi della giurisprudenza e della normativa in materia (e non solo), quanto dalla pendenza di un giudizio civile (che, in primo grado, era sfociato in una declaratoria di difetto di giurisdizione, laddove la definizione del processo di appello –proposto a seguito della pubblicazione della nota sentenza delle Corte costituzionale del 6-7 luglio 2004 n. 204-, come si è riferito nella narrativa in fatto che precede, è molto lontana nel tempo).

Ma la specificità (se non proprio singolarità) più significativa della controversia concerne il fatto del sopravvenire di una disposizione di legge che, nell’impostazione seguita dal difensore dell’Istituto ricorrente, costituisce la chiave di volta per la risoluzione dell’annosa vicenda, anche a prescindere dalla possibile definizione del giudizio davanti alla Corte di appello di Venezia, per di più in un lasso di tempo sicuramente di molto inferiore. Siffatta possibilità viene intravista nell’art. 43 del T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità (approvato con DPR 8.giugno 2001 n. 327), notoriamente per molti versi innovativo. Il tenore testuale della ben nota norma, per quanto qui interessa, è il seguente:

“1. Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni. (L)

2. L'atto di acquisizione:

a) … ;

b) … ;

c) determina la misura del risarcimento del danno e ne dispone il pagamento, entro il termine di trenta giorni, senza pregiudizio per l'eventuale azione già proposta;”.

Come si evince dal dato testuale –e come è stato sottolineato dal difensore di parte ricorrente tanto nella memoria defensionale sopra richiamata, quanto nella discussione orale all’udienza camerale-, per quanto l’atto ivi contemplato da parte dell’amministrazione che utilizza l’opera senza un valido titolo espropriativo si configuri come una facoltà e non un obbligo, la sua emissione può avvenire prescindendo dalla (avvenuta) proposizione dell’azione giudiziale. In questo caso, in altre parole, nella previsione legislativa chiaramente semplificatoria e acceleratoria, volta a consentire la definizione di pendenze giudiziarie spesso annose, è l’ente utilizzatore dell’opera che, di sua iniziativa (o su richiesta degli interessati) può sciogliere nodi a volte intricati e contenziosi ben spesso contraddistinti da lungaggini e farraginosità (proprio come nel caso di specie), prevenendo o rendendo inutili pendenze giudiziali.

Nella discussione orale il difensore del ricorrente ha meglio definito il suo petitum, chiarendo che egli mira ad ottenere una pronuncia esplicita sulla sua richiesta, indipendentemente anche dal tenore della risposta. La difesa avversaria ha eccepito che non si tratta di un atto dovuto, e che la P.A. non è tenuta a evadere ogni estemporanea richiesta del privato, allorquando non sia prevista come obbligatoria l’adozione di un provvedimento, vale a dire a prescindere dalla doverosità dell’agire della  P.A.

Senonché, ben meditando sulla questione, il Collegio ritiene di condividere l’assunto del ricorrente, dal momento che, nel caso di specie, si tratta non di una richiesta di emissione di atti al di là di  ogni doverosità dell’agire della  P.A., bensì di pretesa dell’esercizio di un potere (formalmente discrezionale), pur sempre previsto da una ben precisa disposizione di legge. A fronte di una simile richiesta, l’amministrazione competente non può trincerarsi dietro un paravento di silenzio e inazione, essendo viceversa tenuta a pronunciarsi esplicitamente sull’istanza, dando conto, nel caso di risposta negativa, delle ragioni che a tanto la inducono.

Per le ragioni su esposte, il ricorso contro il silenzio deve ritenersi fondato e va accolto. Per l’effetto, la P.A. resistente è tenuta a dare una esplicita risposta alla richiesta notificatale dall’Istituto ricorrente, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa –o dalla notifica a cura di parte se più tempestiva- della presente sentenza.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente fra le parti costituite le spese ed onorari di giudizio.      

P. Q. M.

     Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione prima, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni altra contraria domanda ed eccezione, lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione. Per l’effetto, si ordina alla P.A. resistente di pronunciarsi esplicitamente sull’istanza del ricorrente, nel termine specificato in motivazione.

     Compensa integralmente fra le parti le spese e onorari di giudizio.

     Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

     Così deciso in Venezia, in camera di consiglio, addì 11 luglio 2007.

Ultimo aggiornamento ( martedì 16 ottobre 2007 )
 
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