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LE ACQUE LAGUNARI NON SONO SOGGETTE AL REGIME DELLE ACQUE PUBBLICHE EX R.D. N. 1775 DEL 1933 PDF Stampa E-mail
lunedì 18 febbraio 2008

TAR. Veneto, Sez. I, 5 febbraio 2008 n. 219.

 L’acqua della laguna veneta non rientra nel novero delle acque pubbliche per difetto del requisito fondamentale, stabilito dall’art. 1 del R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775, dell’attitudine ad usi di pubblico generale interesse. L’acqua di laguna, infatti, altro non è che acqua di mare, in quanto tale “res communis omnium”, non assoggettabile agli oneri concessori.

Ricorso n. 511/1996                                                                          Sent. n. 219/08

REPUBBLICA ITALIANA

                                                                  IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei magistrati:

Bruno Amoroso                      Presidente

Elvio Antonelli                        Consigliere, relatore

Italo Franco                             Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 511/1996 proposto da Enel Produzione s.p.a. (già Enel s.p.a.) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Luigi Manzi e Carla Funes, con elezione di domicilio presso la sede legale dell’Ente in Venezia, Dorsoduro 3488/U;

contro

il Ministero dell’economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege;

ed il Ministero dei Lavori Pubblici – Provveditorato regionale OO.PP. – Magistrato alle Acque di Venezia in persona del legale rappresentante  pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento del Ministero delle Finanze del 29.11.1995 nonché dell’atto presupposto di cui alla nota 22 settembre 1995 e infine delle “tabelle per i canoni demaniali” richiamate nella nota stessa.

Visto il ricorso, notificato il 2.2.1996 e depositato presso la segreteria il  14.2.1996 con i relativi allegati;

visti i motivi aggiunti depositati presso al Segreteria il 16.7.2007;

visto l'atto di costituzione del Ministero dell’economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio, depositato in Segreteria il 24.2.1996 con i relativi allegati;

visti gli atti tutti della causa;

uditi alla pubblica udienza del 25 ottobre 2007 (relatore il Consigliere Elvio Antonelli) gli avvocati: Andrea Manzi, in sostituzione di Luigi Manzi, per la parte ricorrente e Cerillo per le PP.AA;

ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Fatto

L’Enel premette in fatto di essere proprietaria ed esercente della centrale termoelettrica di Fusina, sita in Malcontenta (Ve), composta attualmente da cinque gruppi.

Con l’entrata in esercizio della centrale, ed a seguito di istanza da parte dell’ENEL, in data 4.5.1965, il Magistrato alle Acque di Venezia, accordava la concessione trentennale, con decorrenza 6.3.1964, ad uno scarico nel Naviglio Brenta delle acque di refrigerazione della centrale, preventivamente prelevate dal Canale Ind.le Sud.

La concessione prevedeva che lo scarico, inizialmente di portata pari a 11 mc./sec. sversasse nella parte terminale del Naviglio Brenta, ad 1 Km. c.a. dallo sbocco nella laguna veneta, tramite un apposito canale della lunghezza di m. 850 e di un manufatto di sbocco avente l’asse longitudinale coincidente con quello del Naviglio.

All’art. 5 del Disciplinare veniva stabilito, altresì, che a titolo di riconoscimento della demanialità dell’area che viene temporaneamente occupata dalle acque di scarico il concessionario dovrà corrispondere anticipatamente il canone annuo di Lire 20.000.

Nell’atto concessorio e nel relativo disciplinare si dava rilievo esclusivamente alle modalità dello scarico, dando per pacifica e, quindi, per implicita, in quella per la realizzazione delle relative opere, l’autorizzazione alla presa da parte dell’Autorità marittima.

Entrata in vigore della legge 10.5.1976 n. 319 (c.d. legge Merli), l’Enel inoltrava domanda di autorizzazione agli scarichi, come previsto dalla nuova normativa, allegandovi la relazione tecnico-descrittiva nonché lo schema degli scarichi da assentire.

Nella relazione tecnica si dava atto delle modalità e della misura di approvvigionamento idrico della centrale con riguardo alla singole fonti (acqua di Mare – acqua di pozzo – acqua potabile) ed alla utilizzazione delle stesso.

L’opera di presa dell’acqua marina per il raffreddamento delle turbine della centrale (ed il relativo esercizio) era stata assentita dall’Autorità marittima sin dalla realizzazione della centrale da ultimo, con la concessione del Provveditorato al Porto del 21.12.1993.

La domanda di autorizzazione ex l. 319/76, non aveva alcun seguito formale.

L’Enel nell’impasse dell’Amministrazione con nota 10.1.1979 chiedeva al magistrato alla Acque l’autorizzazione definitiva alla scarico assentito in via provvisoria dalla citata nota 23.11.1974.

A distanza di circa dieci anni, il 14.12.1988, con nota prot. 5391 il Magistrato alle Acque invitata la ricorrente ad aggiornare la documentazione relativa agli scarichi al fine di regolarizzarne la concessione.

L’Enel vi provvedeva con la nota 5.7.1989 cui venivano allegati gli elaborati tecnici recanti la descrizione degli scarichi nonché i quantitativi di acqua prelevata: i dati venivano aggiornati mediante la produzione di ulteriori schede in data 3.11.1992.

In data 14.4.1993 veniva rilasciata l’autorizzazione provvisoria n. 4484 agli scarichi ed alla presa di attingimento.

In quella sede, la ricorrente si impegnava ad accettare il canone per la  concessione agli scarichi, nella misura che sarebbe stata determinata dall’U.T.E..

L’autorizzazione concerneva anche lo scarico sversante nel Naviglio Brenta, già regolarmente assentito dalla concessione del 4.5.1965, (al tempo non ancora scaduta) nonché la presa di attingimento, per la quale l’Enel era in possesso di regolare autorizzazione da parte della Amministrazione marittima sin dalla costruzione della Centrale.

In particolare, la presa veniva di volta in volta autorizzata dal Provveditorato al Porto di Venezia, nell’ambito della concessione (annuale) relativa alla occupazione delle aree demaniali marittime nel Canale Ind.le Sud: concessione che concerneva la costruzione e l’esercizio della opere a servizio della centrale e, quindi, anche la presa di acqua marittima, che, in quanto tale, ricadeva nella competenza dell’Autorità a ciò deputata.

Nel frattempo, essendo scaduta la concessione relativa allo scarico nel Naviglio Brenta dell’1.4.1965 l’Enel ne chiedeva il rinnovo con istanza trasmessa in data 1.3.1994.

In data 10.3.1995 il Ministero delle Finanze-Dipartimento per il territorio di Venezia, nel rinnovare all’U.T.E. la richiesta già effettuata con nota 18.2.1993 dallo stesso Magistrato alle Acque di quantificazione del canone, demandava all’Ufficio del Registro l’esazione dello stesso, indicato, provvisoriamente e salvo conguaglio, nella misura di L. 2.000.000 per il periodo dal 22.6.1963 al 31.12.1994 e nell’importo annuo di L. 500.000, a decorrere dall’1.1.1995.

Con la nota 29.11.1995 il Ministero delle Finanze invitava l’Enel a versare l’indennizzo complessivo di L. 3.770.600.000 per il  periodo 22.6.1963/31.12.1994, nonché il canone annuo di L. 3.132.000.000 a decorrere dalla data del 1°.1.1995; ciò in dipendenza della autorizzazione provvisoria n. 4484, relativa all’esercizio dello scarico nel Naviglio Brenta, dei 3 scarichi in Canale Ind.le Sud ed alla presa di attingimento in quest’ultimo canale.

Detti importi sarebbero stati determinati con la nota dell’U.T.E. 22.9.1995.

Avverso i provvedimenti impugnati vengono dedotti i seguenti motivi:

1)             violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del D.l. 2.10.1981 n. 546, come convertito nella l. 1.12.1981 n. 692, dell’art. 4 lett. A) del D.M. 20.7.1990 dell’art. 18 lett. d) della l. 5.1.1994 n. 36.

L’Ufficio tecnico erariale, nel quantificare la misura del canone ha fatto riferimento a norme regolanti fattispecie diverse ignorando la natura e la portata della concessione in questione. Il riferimento alle “tabelle per i canoni demaniali” di cui all'art. 15, 2° co. del D.l. 2.10.1981 n. 546 mentre è da considerare appropriato in funzione della determinazione del canone relativo agli scarichi (autorizzati provvisoriamente dal Magistrato alle acque), non lo sarebbe altrettanto se lo si volesse riferire alla “presa” di attingimento, atteso che la stessa concerne acqua di laguna e, quindi, acqua di mare.

E ciò parrebbe, in realtà, escluso dalla lettera del provvedimento U.T.E. laddove, sia pur senza specificarlo, si riconduce la quantificazione degli importi relativi alla “presa” alle norme concernenti le concessioni di derivazioni idriche.

La quantificazione del canone relativo alla presa di attingimento viene erroneamente fatta alla stregua delle norme dettate specificatamente per le “acque pubbliche”.

La richiamata norma del D.M. 20.7.1990 nonché la norma di cui all’art. 18 lett. d) della l. 5.1.1994 n. 36, ineriscono infatti alle sole “utenze di acqua pubblica”, e per pubbliche devono intendersi ai sensi dell’art. 1 T.U. sulle acque tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali, anche se artificialmente estratte dal sottosuolo, le quali, considerate sia isolatamente per la loro portata o per l’ampiezza del rispettivo bacino imbrifero, sia in relazione al sistema idrografico al quale appartengono, abbiano od acquistino attitudine ad usi di pubblico generale interesse e non già all’acqua del mare.

L’acqua di laguna, altro non è che acqua di  mare, in quanto tale, res communis omnium e, quindi, non assoggettabile agli oneri concessori.

Inoltre la presa di attingimento non “può” che essere implicita nella concessione relativa alle opere funzionali alla presa stessa già assentita con autonomo e definitivo atto autorizzativi atteso che se deve ritenersi la competenza del Magistrato alle acque in ordine al regime degli scarichi incontrovertibile è la competenza dell’Autorità marittima quanto alla presa di attingimento, sia con riguardo alle opere che all’esercizio della stessa.

Nessun canone, quindi, poteva essere richiesto per l’attingimento di acqua marina, per il quale, in realtà, non sarebbe stato necessario alcun provvedimento autorizzativi da parte del Magistrato alle acque.

2)             Eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione.

La Sezione staccata per i servizi demaniali, nella nota 29.11.1995, ha recepito acriticamente le determinazioni dell’U.T.E. in ordine alla quantificazione dell’indennità/canone omettendo la necessaria istruttoria in merito all’an debeatur, come peraltro era stata espressamente invocato dallo stesso Ufficio tecnico.

Questi, infatti, nell’indicare gli importi che avrebbero dovuto essere corrisposti dall’ENEL, manifestava perplessità in ordine all’applicazione al caso di specie delle norme richiamate.

La determinazione dell’Amministrazione è altresì in contraddizione con quella, della medesima natura, assunta appena otto mesi prima, si ricorda, infatti, che con la nota 10.3.1995 veniva richiesto il pagamento, ancorché provvisoriamente e salvo conguaglio, di un’indennità pari a (sole) L. 2.000.000 e di un canone annuo di (appena) L. 500.000. Importi questi che mai avrebbero potuto giustificare e far presagire la misura della nuova e definitiva richiesta.

D’altra parte, quest’ultima è ben lontana da quella prevista nel decreto concessorio del Magistrato alle Acque n. 879 del 30.9.1994, relativo allo scarico ed alla presa serventi il 5° gruppo della medesima centrale, laddove il corrispettivo della concessione è individuato nella somma di L. 1.855.000 per il pregresso e di L. 650.000 annue fino alla scadenza della concessione (2005).

Di non minore evidenza è la sussistenza del difetto di motivazione.

L’U.T.E. si è limitato a dare applicazione a norme di legge, senza individuarne l’ascrittibilità alla fattispecie sottopostagli all’esame, in ogni caso, la misura della richiesta non trova alcuna spiegazione, non essendo sufficiente né il richiamo alla “tabelle per i canoni demaniali”, né la semplice indicazione di norme di diritto.

In definitiva, non è stato posto in condizione di verificare la congruità del canone richiesto.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione contestando nel merito la fondatezza del ricorso.

Diritto

Dev’essere preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione.

L’eccezione deve essere disattesa.

Ed invero con riguardo alla giurisdizione relativamente ad atti e provvedimenti afferenti a concessioni di beni pubblici,la Corte di Cassazione (anche di recente) ha avuto modo di chiarire che “va affermato il principio che le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere d’intervento della p.a. a tutela di interessi generali: quando, invece la controversia coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della p.a. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quanto investa l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente l’accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull’an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo” (cfr.: Cass. Sez. Unite, 23.10.2006, n. 22661; cfr. Cass., Sez. Unite, 4.7.2006, n. 15217).

Alla luce di tale principio, che il Collegio condivide, deve ritenersi che il Giudice Ordinario nella materia concessoria, sia fornito di giurisdizione soltanto nelle ipotesi in cui vengono in rilievo mere questioni di quantificazione (in applicazione  di puntuali parametri) delle indennità, canoni o altri corrispettivi, afferenti ai singoli rapporti concessori.

Invece nelle ipotesi in cui l’Amministrazione, in modo autoritativo fornisce del rapporto concessorio (già sorto da tempo) una qualificazione diversa da quella ritenuta fino a quel momento, (con conseguenze in punto di canone concessorio), deve ritenersi che la relativa controversia investa in realtà posizioni di interesse legittimo e più precisamente l’interesse legittimo a che il rapporto concessorio continui a ricevere la qualificazione da sempre accettata dall’Amministrazione.

Evenienza simile si è verificata nella specie, ove dopo molti anni di incontestata gestione del complesso rapporto concessorio, (inglobante anche l’autorizzazione alla presa d’acqua lagunare) l’Amministrazione ha ritenuto autoritativamente (in buona sostanza sulla base del sopravvenuto convincimento che l’acqua della laguna veneta deve essere considerata acqua pubblica al pari delle acque sorgenti, fluenti e lacuali)che per la presa di acqua in questione andava corrisposto il canone concessorio (peraltro di rilevantissimo importo).

E’ pertanto evidente che nella specie non si pone un problema di quantificazione (sulla base di parametri predeterminati) del canone, bensì quello di verificare se l’Amministrazione ha esercitato correttamente (o meno) il potere di qualificazione del rapporto concessorio; qualificazione che a sua volta comporta la necessità di stabilire se l’acqua della laguna veneta possa essere considerata alla stregua delle acque pubbliche.

Acclarata la giurisdizione di questo Tribunale va ora affrontata la questione di merito in ordine alla legittimità o meno del potere esercitato dalla P.A..

Ad avviso del Collegio il primo ed assorbente motivo dedotto avverso gli atti impugnati deve ritenersi fondato.

Ed invero gli atti concessori (indicati in narrativa)che si sono succeduti nel tempo (e da antica data)hanno sempre inglobato anche l’autorizzazione “all’esercizio” delle opere di presa d’acqua marina.

Ritiene il Collegio che il significato più razionale e logico che deve attribuirsi al termine “esercizio” non  può che essere quello di consentire l’attingimento della necessaria acqua marina per il raffreddamento degli impianti.

Quindi l’autorizzazione  ad attingere l’acqua comunale è stata, nel tempo sempre concessa senza che l’Amministrazione si sia mai posto il problema di un corrispettivo.

Ora è evidente la contraddittorietà e l’illogicità del comportamento dell’Amministrazione che, prima autorizza (senza riserva alcuna e senza richiedere alcun canone) la realizzazione e l’esercizio della presa d’acqua e poi (dopo moltissimi anni) ritorna sui suoi passi per qualificare diversamente il rapporto e richiedere (con effetto retroattivo) la corresponsione del canone concessorio.

In ogni caso ritiene il Collegio che bene fece a suo tempo l’Amministrazione a concedere (senza pretendere il canone concessorio) tale autorizzazione non onerosa alla presa d’acqua  lagunare (nell’ambito della complessa fattispecie concessoria) atteso che l’acqua della laguna (e questa considerazione deve ritenersi assorbente) quale acqua di mare, come sostanzialmente riconosciuto (proprio con riguardo alla fattispecie in esame) dal Tribunale superiore delle acque pubbliche (nella sent. n. 79 del 1997), non rientra nel novero delle acque pubbliche.

In forza delle svolte considerazioni, disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione, il ricorso, in accoglimento del primo ed assorbente motivo deve essere accolto e per l’effetto devono essere annullati gli atti impugnati.

Le spese seguono la soccombenza.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima  sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni altra domanda o eccezione, lo accoglie e, conseguentemente annulla gli atti impugnati.

Condanna il Ministero dell’economia e delle Finanze  al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese e delle competenze di causa che liquida complessivamente in €  3.000,00 (tremilaeuro/00) oltre ad i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, addì 25.10.2007.

          Il Presidente                                                 L’Estensore

 

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione

 

Ultimo aggiornamento ( lunedì 18 febbraio 2008 )
 
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