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SULLA PEDEMONTANA VENETA PDF Stampa E-mail
lunedì 07 aprile 2008

di CHIARA CERRONE.

 TAR. Veneto, Sez. I, 12 marzo 2008, n. 599, Pres. f.f. rel. Italo Franco 


            “1. Così come notoriamente viene riconosciuta al proprietario finitimo la legittimazione ex lege ad impugnare il permesso a costruire rilasciato ad altri in relazione ad aree confinanti, egualmente non può essere negato –uti singuli- al proprietario del terreno destinato all’insediamento di una infrastruttura stradale –cui può assimilarsi, a questi effetti, il soggetto titolare di altri diritti reali sulle aree interessate- l’interesse ad attivarsi giudizialmente e, correlativamente, la legittimazione ad agire in giudizio laddove egli ritenga lesiva, in relazione alla parte che interessa la rispettiva proprietà e il relativo intorno, la determinazione di realizzare un’autostrada anziché una superstrada.

            2. Tra il progetto di una superstrada a due carreggiate, con i raccordi necessariamente di tipo autostradale (onde evitare gli incroci a raso), i caselli di accesso del medesimo tipo, ecc. e un’autostrada non sono ravvisabili differenze di sostanza ma soltanto, e limitatamente, di dimensioni. 

            3. Le direttive o prescrizioni di massimo riuso dei tracciati stradali preesistenti –nell’intento di non incidere oltre un certo limite su contesti territoriali già densamente urbanizzati con nuove opere ed impianti-, di evitare duplicazioni di tracciati e di prevedere tratti di libera percorrenza trovano in se stesse dei limiti naturali, e non possono intendersi, pertanto, in senso assoluto e radicale, dovendo le scelte progettuali di dettaglio rispettare detti vincoli nei limiti della fattibilità, della ragionevolezza e delle situazioni esistenti in fatto che le condizionano”.


NOTA

La vicenda oggetto della pronuncia in rassegna (leggi la sentenza per esteso qui) trae origine dal ricorso promosso da numerosi proprietari e titolari di diritti su beni immobili interessati dal progetto preliminare della “Superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta” approvato con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) con la quale è stata altresì riconosciuta la compatibilità ambientale dell’opera stradale.

 In via pregiudiziale, la prima Sezione del TAR Venezia si è soffermata sull’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse e/o di legittimazione ad agire in capo ai ricorrenti sollevata ex adverso. Premesso che i ricorrenti hanno agito uti singuli, e non come portatori di interessi collettivi o diffusi, il Collegio, attraverso un apprezzabile ragionamento analogico, ha esteso la legittimazione riconosciuta al proprietario ad impugnare una concessione edilizia -rilasciata ad altri in relazione ad aree confinanti- anche ai proprietari o comunque ai titolari di diritti su beni immobili i quali risultino interessati dall’opera, o in via diretta o perché esposti a subire un’oggettiva situazione di danno per la prossimità di tali beni immobili all'arteria di cui al progetto approvato.

 Nondimeno, precisa il Collegio, la riconosciuta legittimazione ad agire deve essere valutata con riferimento alle singole censure che sono state svolte dai ricorrenti con riguardo all’ipotetico vantaggio ottenibile mediante l’accoglimento delle medesime. Sotto tale profilo, il Collegio ha, pertanto, ritenuto inammissibili le censure mosse avverso la procedura di gara laddove le norme invocate erano, in realtà, poste a garanzia di eventuali e potenziali concorrenti, in ordine alla presentazione di proposte inerenti la gara instaurata nell’ambito della finanza di progetto e non, invece, a garanzia della trasparenza nei confronti della generalità. Egualmente inammissibili sono state ritenute, inoltre, quelle censure fondate sulla violazione delle norme attinenti alle garanzie che devono essere presentata dal promotore nell’interesse della P.A., ai sensi dell’art. 37 bis della L. n. 109/1994 e s.m.i., così come le censure consistente in critiche avverso i meccanismi di finanziamento previsti nella proposta del promotore in relazione ai flussi ed ai volumi di traffico ipotizzati, nonché degli introiti derivanti dalla riscossione del pedaggio.

 Nel merito, riconosciuta la sussistenza in capo ai ricorrenti dell’interesse legittimo all’approvazione del progetto di un’autostrada anziché di una superstrada –viste anche le dimensioni sia delle carreggiate, sia delle rampe di raccordo e di accesso, sia delle fasce di rispetto stradale, nonché visti i maggiori e più veloci volumi di attraversamento - il TAR ha precisato che le determinazione assunte nella conferenza di servizi del 2001 e l’opzione ivi espressa di realizzare una superstrada non potesse dirsi vincolante, trattandosi piuttosto di una mera preferenza, nell’intento di limitare per quanto possibile l’impatto dell’opera sul territorio e sull’ambiente. Del resto, tra il progetto di una superstrada a due carreggiate, con raccordi necessariamente di tipo autostradale, caselli di accesso ecc. e il progetto di autostrada non sarebbero ravvisabili differenze di sostanza, ma semmai di sole dimensioni.

 Quanto alle censure di violazione della direttiva di massimo riuso dei tracciati stradali preesistenti, attenendo al merito delle scelte effettuate, esse sarebbero sindacabili dal G.A. solo entro i noti limiti della ragionevolezza, congruenza e logicità interna. Con l’ulteriore precisazione che le richiamate direttive troverebbero dei limiti naturali nel peculiare contesto territoriale ed urbano, che condizionerebbe la stessa attività progettuale.

Ultimo aggiornamento ( lunedì 07 aprile 2008 )
 
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