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UN MEA CULPA (ancora a proposito delle proposte sulla definizione delle controversie) PDF Stampa E-mail
giovedì 09 aprile 2009

di FRANCESCO VOLPE

Siamo ancora in Quaresima e quindi è giusto fare un po' di penitenza, riconoscendo le proprie colpe.

La mia è stata questa: per due volte, in questo periodo, mi sono trovato tra le mani un ricorso che, per motivi vari, meritava una decisione del merito in tempi abbastanza ravvicinati, ma che, per ragioni strutturali della causa, difficilmente avrebbe potuto ottenere un provvedimento cautelare.

Sapendo che il mero deposito del ricorso, non accompagnato dall'istanza cautelare, avrebbe difficilmente consentito la fissazione della causa, ho fatto quello che facciamo tutti e di cui ho già parlato a margine della "modesta proposta" di Vittorio Domenichelli. Ho  "forzato la mano", presentando comunque una  richiesta cautelare, salvo cercare   di convertirla in un "merito a breve" al momento dell'udienza di Camera di consiglio.

Devo riconoscere che in entrambe le occasioni il Giudice, indipendentemente da come poi egli deciderà la causa, ha colto gli estremi di "relativa urgenza" della controversia e si è impegnato a fissare il merito.

Sono uscito dall'udienza soddisfatto, apprezzando la sensibilità del Collegio. Sensibilità che, alle recenti preliminari,  ho visto estesa con larghezza anche ad analoghe situazioni che interessavano  altri Colleghi.

Però, proprio l'apprezzamento per la sensibilità altrui, mi ha fatto riflettere e mi ha fatto venire un certo senso di colpa.

Pur sempre il Collegio aveva studiato quel mio ricorso, in vista dell'udienza cautelare, dedicando tempo ed energie che si sono, in parte, vanificatI con la conversione del rito nel "merito a breve".

Per carità, tali energie non si sono vanificate del tutto, perché immagino che il relatore, sulla base dello studio della causa già svolto, abbia comunque preso degli appunti che gli torneranno utili al momento dell'udienza pubblica. Ma non è dubbio che vi è stata una dispersione di lavoro che, invece, avrebbe potuto essere dirottato verso altre e più immediate contingenze.

Da qui le ragioni  del mea culpa. Ho fatto studiare "inutilmente" una causa al Giudice, sapendo già da prima che avrei cercato di profittare  della sua sensibilità, nel valutare l'opportunità di fissare  l'udienza di merito in tempi ravvicinati.

Ma da qui  traggo motivo  anche per ulteriori riflessioni, volte ad integrare la proposta avanzata dal Collega Domenichelli.

Mi chiedo: è possibile stipulare una sorta di patto tra gentiluomini, tra Avvocati e Giudici, nei termini che vado ora ad esporre?

Vale a dire che quando ci si trova in queste situazioni - cioè quando si abbia una causa che merita una decisione definitiva in breve tempo (penso soprattutto alle questioni di giurisdizioni esclusiva, che riguardano aspetti patrimoniali: nulla impedisce però di applicare la proposta anche ai ricorsi di legittimità), ma che sono più deboli sotto il profilo cautelare -  il ricorso venga presentato senza istanza di "sospensiva" (o di altro provvedimento interinale) e  venga accompagnato, fin dal deposito, da una motivata istanza di prelievo?

Se noi Avvocati ci impegnassimo, moralmente, a fare tutto ciò quando effettivamente serve (con la serietà del caso) e i Giudici si impegnassero a considerare con speciale attenzione le istanze di prelievo che vengono presentate fin dalla introduzione del ricorso (perché tramite esse l'Avvocato fa intendere che effettivamente la causa richiede di essere affrontata con celerità), forse riusciremmo ad evitare quella sorta di "minuetto" che tante volte balliamo in Camera di consiglio ("signor Giudice, son qui pronto a battagliare per la sospensiva, ma se Lei mi fa capire che mi dà il merito a breve son più contento") e soprattutto riusciremmo ad evitare che il Giudice studi inutilmente una causa, in vista dell'udienza cautelare. Studio che potrebbe essere più utilmente dedicato ad  un'altra causa, nostra o di un nostro Collega.

Tanto più che nulla  impedirebbe (quando l'istanza di prelievo depositata insieme al ricorso non avesse sèguito) di richiedere  comunque, in un momento successivo della causa, il rimedio cautelare "strumentale", secondo i criteri indicati dalla "proposta Domenichelli".  Alla conseguente udienza cautelare, il ricorrente potrebbe avere l'occasione di spiegare al Collegio le ragioni di urgenza che giustificano una decisione "abbreviata" e che non sono sufficientemente emerse sulla base della sola istanza di prelievo.

Spero che l'ammissione di colpa di cui mi sono io stesso denunciato faccia capire la  franchezza (e l'assenza di ogni arrière pensée) con cui presento questa mia proposta.

Invito, quindi,  i Colleghi e i Magistrati che leggessero questo  intervento a dire che cosa  pensano della proposta stessa, se ovviamente ritengono che sia il caso di farlo.  Chi cura questo sito - che è il sito dell'Associazione - si impegna a non pubblicare i commenti di chi, intervenendo nel dibatitto, non volesse (per qualsiasi motivo) che il proprio pensiero venisse diffuso. Ma conoscere gli orientamenti di pensiero sarebbe utile per capire l'effettiva praticabilità della proposta e  per poterla poi attuare, se risultasse condivisa.

A questo punto passo ad illustrare ai Colleghi una prassi che mi è parso di cogliere nel "nuovo ordinamento" della Prima Sezione, proprio a riguardo della conversione del rito cautelare nel merito a breve. 

Dallo svolgimento delle preliminari mi è parso di capire che, quando si verta in una delle controversie di cui all'art. 23 bis, legge T.A.R., la Sezione non richieda, per la  "conversione del rito", la presentazione di una domanda di prelievo. In tal caso, l'udienza di merito viene fissata direttamente dal Presidente in occasione  dell'udienza cautelare.

Viceversa, per ottenere la data dell'udienza, quando si ricade in un processo ordinario e il ricorrente chieda di convertire l'istanza cautelare nel merito a breve, sembrerebbe richiesta una specifica istanza di prelievo.

La prassi mi pare ragionevole. Dovendosi dare giustificazione del perché alcune controversie vengono fatte avanzare rispetto alle altre, nel caso dell'art. 23 bis non è richiesta l'istanza di prelievo perché quei processi devono essere istituzionalmente brevi. Così non è invece per le cause che non conoscono  termini dimezzati. Per esse, quindi,  c'è bisogno di una domanda della parte che illustri le ragioni dell'urgenza; ragioni che  debbono  essere valutate dal Giudice sì da formare una giustificazione della fissazione del merito in tempi brevi  ispirata  a   criteri di trasparenza e, quindi, di imparzialità.

Tanto dico perché i Colleghi che intendano sollecitare la "conversione" possano pensare di presentarsi direttamente in Camera di consiglio accompagnati dall'istanza di prelievo, quando non si sia in regime di 23 bis.

Ovvio, in ogni caso (come dicevo), che un'istanza di prelievo potrebbe essere presentata  - e sin dal deposito del ricorso - per tutte le cause  (quindi anche per le cause  che ricadono sotto l'art. 23 bis ), secondo la proposta che sopra ho descritto.

Ultimo aggiornamento ( giovedì 09 aprile 2009 )
 
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