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LA DEFINIZIONE DELL'ARRETRATO PDF Stampa E-mail
mercoledì 15 aprile 2009

CONVEGNO DEL 26.03.2009

“IL PESO DELL’ARRETRATO SULLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, COME ALLEGERIRLO”?*

 

 

* Sintesi del convegno organizzato il 26.03.2006 dal Co NMA  e dall'Ordine degli Avvocati di Roma presso la sala "Pompeo" di Palazzo Spada sul tema dell'arretrato nella Giustizia Amministrativa e sulle possibili prospettive per una sua riduzione a cura dell'avv. Stefano Bigolaro e dell'avv. Valentino Peterle.

 

Il convegno è stato organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Roma e dal Co NMA –Coordinamento Nuova Magistratura Amministrativa.

Nella sua introduzione, il Presidente Paolo Salvatore ha richiamato l’attenzione sull’arretrato e sulla “spada di Damocle” rappresentata dalla Legge Pinto, in un quadro di massima che oramai è sufficientemente chiaro. In effetti, dato il momento difficile sotto il profilo della finanza pubblica e della crisi economica, è improbabile che possa essere trovata una soluzione al problema attraverso l’incremento della pianta organica, sia dei magistrati che del personale tecnico amministrativo; e dunque, diviene ancor più di interesse procedere ad un proficuo confronto, anche con l’avvocatura, attorno a tali problematiche.

Segue l’intervento del Consigliere Filoreto D’Agostino, il quale ha portato i saluti del CoNMA (Coordinamento Nuova Magistratura Amministrativa), spiegando le finalità di tale associazione di magistrati.

Interviene l’Avv. Rodolfo Murra, in rappresentanza del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, rappresentando il punto di vista dell’avvocatura con una sorta di “mea culpa” del ceto forense in ordine all’apporto che all’arretrato viene dato anche da alcuni atteggiamenti sbagliati della classe forense. Il riferimento è alla tematica dei ricorsi “fiume” (cioè eccessivamente lunghi e dispersivi) e all’utilizzo non sempre consono delle istanze cautelari, le quali spesso vengono proposte anche in assenza dei relativi requisiti, ed in particolare del danno.

Interviene il Presidente di Sezione Stefano Baccarini, il quale ricorda i numeri dell’arretrato, pari a 600.000 ricorsi pendenti di fronte ai TAR e oltre 30.000 dinanzi al Consiglio di Stato. C’è un richiamo al recente DDL n. 1082 (cfr. art. 26 bis) sulla riforma – anche - del processo amministrativo (nuovo codice del processo amministrativo) e sulle misure transitorie ivi prospettate in materia di smaltimento dell’arretrato.

Con la legge n. 89 del 2001 – la c.d. legge Pinto - il legislatore ha previsto un’equa riparazione per i casi di violazione del termine ragionevole di durata del processo, istituendo un rimedio interno per le violazioni dell’art. 6 della Convenzione dei diritti dell’uomo (e così ridistribuendo tra le Corti d’appello nazionali la massa dei ricorsi che avevano intasato la Corte europea dei diritti dell’uomo).

Logica vorrebbe che a questo intervento fossero seguite misure organiche atte a rimuovere le cause di quella durata non ragionevole.

Invece, nulla di ciò. Anzi, un decreto-legge - il n. 179 del 2001 - che istituiva presso la giurisdizione amministrativa sezioni stralcio e disponeva un aumento di organico - non è stato convertito in legge, senza essere seguito, a tutt’oggi, da altre misure.

Del che il legislatore dovrebbe preoccuparsi per una questione di immagine, perché tale inerzia potrebbe lasciar credere che non si intende mettere mano alle cause del fenomeno, ma che ci si accontenta di lavare in casa i panni sporchi delle violazioni alla durata non ragionevole del processo, monetizzandole con la legge Pinto.

Invece bisogna prestare in generale attenzione allo scopo che nel caso concreto corrisponde alla riduzione dell’arretrato.

Ad esempio, nella materia dei contratti pubblici, l’audizione delle parti in sede cautelare ha finalità e scopi ben precisi, poiché da una parte getta un fascio di luce sull’Amministrazione nel momento in cui è tentata di stipulare il contratto (la comparizione in camera di consiglio blocca la corsa alla stipula del contratto); e, d’altra parte, vi è la possibilità di una richiesta congiunta di un merito con rinuncia ai termini. E dunque, di una sentenza semplificata.

Significativa, inoltre, è stata l’esperienza del Tar Veneto, negli anni scorsi, venendo attuata delega di poteri istruttori da parte del Presidente ai Giudici relatori, che la potevano quindi disporre l’istruttoria con provvedimento monocratico, operando con ordinanze contenenti l’indicazione dell’udienza di merito cui si rinviava.

Prende la parola il Consigliere Marzio Branca, il quale afferma che il saldo (lievemente) attivo tra nuovi ricorsi e decisioni ricordato dal Presidente Salvatore è una bella cosa, ma non risolverà da sola il problema dell’arretrato.

Ed infatti vi è un problema sostanziale, non solo di immagine, costituito evidentemente dal risarcimento dei danni dopo gli interventi della CEDU e l’entrata in vigore della Legge Pinto.

Entro tale quadro, lo strumento tipico di smaltimento dell’arretrato sono le sanzioni stralcio, già ricordate dal Consigliere Baccarini, previste con l’intervento legislativo del 2001.

Si deve constatare che hanno avuto periodi di funzionamento per i giudizi civili (e in linea di massima hanno funzionato bene), anche se con qualche voce autorevole fuori dal coro. Ad esempio il prof. Giovanni Verde fu contrario alla riedizione di tale strumento nella giustizia civile (date le numerose perplessità soprattutto in relazione alla qualità delle decisioni).

Ciò detto, è plausibile ipotizzare che quello strumento possa ora andar bene per la giustizia amministrativa?

In realtà, secondo il Cons. Branca possiamo continuare a parlare in questo caso di sezioni stralcio, perchè per la giustizia amministrativa l’esigenza di smaltimento dell’arretrato è specifica ed è data dall’interesse pubblico alla decisione, essendo il processo amministrativo ancor oggi un processo che deve necessariamente “fare i conti” con la Pubblica Amministrazione e con l’interesse pubblico ad essa sottesa.

La giustizia amministrativa oggi riesce a esaurire il contenzioso ordinario, ma deve porsi per l’appunto il problema dell’arretrato esistente, e dunque probabilmente anche l’utilizzio di Sezioni Stralcio potrebbe giovare in tal senso

Ma, in concreto, ci si chiede quale composizione dovrebbero avere le sezioni stralcio.

Sul punto, si fronteggiano varie tesi.

1) Vi è, in primis, chi ritiene che la soluzione preferibile sia quella che prevede l’utilizzo di risorse interne alla Giustizia Amministrativa, ciò che consentirebbe due immediate utilità: da una parte, infatti, non vi sarebbe alcuna perdita di tempo per il reclutamento; dall’altra la qualità delle pronunce sarebbe indubbiamente migliore;

2) vi è poi chi sostiene che sarebbe preferibile ricorrere a giudici onorari (ciò che consentirebbe di non sottrarre energie al lavoro ordinario dei giudici amministrativi, e dunque di non creare paradossalmente altro arretrato).

Nessuna delle due soluzioni può essere evidentemente a costo zero, perchè il personale è insufficiente.

Sul punto, il consigliere Branca ricorda che vi è una chiusura politica netta su ogni prospettiva di spesa. Ma, a ben vedere, decidere di por mano alla problematica dell’arretrato sarebbe invece un vero e proprio investimento per le finanze pubbliche, soprattutto laddove si pensi alle conseguenze sfavorevoli per l’Erario dovute all’applicazione della Legge “Pinto”.

Sotto questo profilo, il decreto legge del  2001 prevedeva l’utilizzo del personale in servizio.

Ma nel caso dell’arretrato “amministrativo” si può pensare anche all’utilizzo degli avvocati amministrativisti in servizio, quale soluzione “intermedia”(in fatto di sensibilità per il peculiare giudizio ed in termini di non sottrazione di risorse interne).

Sotto altro profilo, nel 2001 il DDL governativo di Franco Bassanini per la riforma del codice prevedeva il Giudice monocratico per i ricorsi concernenti l’arretrato.

Al riguardo, vi fu lo studio del cons. Buricelli sul possibile ricorso al Giudice monocratico anche nel processo amministrativo.

Sul punto, va peraltro registrato che una parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa si disse allora favorevole.

E, forse, ancor oggi è una prospettiva da guardare con favore (anche se non può essere messo in discussione che che la sede collegiale è probabilmente migliore, ma l’emergenza è grave).

Già vi è stata l’esperienza del TAR Veneto, sotto la Presidenza Baccarini, sulla delega di poteri istruttori.

Ed in fondo il Giudice monocratico non è poi la rivoluzione francese.

Inoltre, va ricordato che la Legge 205/200 ha istituto il Giudice monocratico nella materia pensionistica in Corte dei Conti, e l’esperienza è stata ampiamente positiva.

In conclusione, tutto può essere utile (Giudice monocratico, stralcio), purchè si intervenga.

Prende la parola il dott. Filippo Gai, segretario generale del Tar Lazio, il quale ricorda che pendono al TAR Lazio circa 160,0000 ricorsi (che equivalgono all’incirca al 12% di quelli complessivamente presentati, e il rapporto è grosso modo analogo per i vari TAR).

Ricorda poi che l’arretrato può essere distinto ratione temporis grossomodo in tre sottocategorie:

1974-1993:     I tipo di arretrato, più risalente:   20,000 ricorsi

1994-2004:     II tipo (100,000 ricorsi circa., tra loro omogenei)

2004-2009:     III tipo (40,000 ricorsi); ma 5 anni è un tempo ragionevole, e dunque non è vero arretrato.

La realtà è che, tolti i ricorsi cui si accompagnano le sospensive, il resto è archiviato senza che il Giudice possa vedere di che cosa si tratta; e questo diventa subito arretrato.

E’ poi da rilevare la struttura incompiuta del personale di segreteria del T.A.R. Lazio, e come occorra più “forza lavoro”.

Prende la parola il consigliere Maurizio Nicolosi, il quale ricorda che in realtà, il 60% dell’arretrato è concentrato in tre Regioni: Lazio, Sicilia, Campania.

Vi è una certa percentuale di ricorsi in entrata che sfuggono al responsabile di sezione e al Collegio (che dunque vengono subito “archiviati”): si tratta dei ricorsi che non hanno la sospensiva.

Bisognerebbe dunque monitorare fin dall’inizio i ricorsi che non hanno l’istanza cautelare, ricercando in specie le situazioni di connessione (ad evitare che tali ricorsi giungano in udienza in ordine sparso).

L’udienza, ricercate le possibili connessioni, dovrebbe poi sempre andare “a pieno ritmo”.

Particolare attenzione va prestata all’individuazione dei ricorsi da portare in udienza. E’ necessario garantire la tracciabilità dell’iter logico con cui sono fissate le cause.

Spazio per i ricorsi con sospensiva accolta va comunque trovato, ex Legge 205/2000; e dunque è necessario dosare

- ricorsi con sospensiva accolta;

- ricorsi con prelievo;

- ricorsi ultraquinquennali;

- ricorsi “prelevati” d’ufficio;

(e qui, in particolare, sta l’importanza del monitoraggio)

E’ inoltre importante la collaborazione degli avvocati nel presentare le istanze di improcedibilità, da veicolare per tempo.

Infine attenzione va prestata ai ricorsi seriali, individuando i casi in cui c’è interesse alla trattazione congiunta di molti ricorsi.

Al termine delle relazioni, si apre il dibattito con gli interventi programmati; in particolare prende la parola, tra gli altri, il Cons. Marco Buricelli il quale sottolinea che andrebbero valorizzate le esperienze gia intraprese in cui il relatore è indicato vari mesi prima dell’udienza, con delega di poteri istruttori.

In merito all’intervento del collega Nicolosi, precisa che la ricerca di connessioni va compiuta in primis ad opera del magistrato delegato.

Ultimo aggiornamento ( mercoledì 15 aprile 2009 )
 
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