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LA L.R. 15/2004: OUTLET E PARCHI COMMERCIALI, DISTANZE MINIME E CONDIZIONI PER L’APERTURA. PDF Stampa E-mail
giovedì 29 ottobre 2009

 di Francesco Avino.

 Il Tar del Veneto, con le sentenze segnalate (clicca qui), offre molti spunti interessanti sull’interpretazione delle norme regionali in materia di commercio contenute nella L.R.V. n. 15/2004, con particolare riferimento alle domande di apertura di parchi commerciali e di outlets.

Sono degne di rilievo sia le statuizioni ‘pretorie’ di carattere preliminare sia quelle che attengono al merito delle controversie decise.

In via preliminare, il Tar del Veneto ha affermato alcuni punti significativi:

A) Innanzitutto, con la sentenza n. 2339/’09, è stata nuovamente ribadita la carenza di legittimazione passiva della conferenza di servizi, posto che essa non è affatto un soggetto giuridico autonomo cui notificare il ricorso ma solo un “modulo procedimentale” (§ 2.1.2).

B) Collegata al tema della natura giuridica della conferenza di servizi è la questione della lesività delle deliberazioni emanate proprio in tale sede, ai sensi dell’art. 20 della L.R. n. 15/’04. Sul punto il Tar del Veneto, con la sentenza n. 2340/’09, appare perentorio nell’affermare che “Le decisioni assunte nelle conferenze di servizi indette ai sensi dell’art. 20 della l. reg. n. 15 del 2004 devono quindi ritenersi immediatamente lesive dell’interesse dei ricorrenti e sono quindi impugnabili in giudizio in via diretta e autonoma” (§ 1.7.).

C) Sulla possibilità, per una struttura commerciale concepita nella forma dell’outlet (art. 12 L.R. 15/2004) nel quale si smerciano prodotti invenduti e di fine serie, di fare concorrenza e, così, di sviare la clientela dei tradizionali esercizi di vicinato ove si pratica, invece, la vendita al dettaglio - e presso i quali, tutt’al più, possono svolgersi le c.d. ‘vendite in saldo’ -, il Tar del Vento, con la sentenza n. 2340/’09, conferma il “rischio di sviamento della clientela”, assumendo che “La diretta concorrenza tra esercizi appare facilmente prevedibile considerando che mentre l’attività  di vendita della ricorrente segue l’ordinaria filiera commerciale, la peculiare forma di vendita dell’outlet consente notevoli diminuzioni dei prezzi dei prodotti “messi o rimessi in circolo” (punto 1.4.).

D) Risulta altresì interessante, quale corollario dell’orientamento base poc’anzi delineato in tema di concorrenzialità tra imprenditori, un passaggio della sentenza n. 2342/’09 la quale si è pronunciata, allineandosi con l’orientamento ormai prevalente, in materia di legittimazione ad agire delle Associazioni di categoria. Nel caso di specie si trattava di Unicomm, articolazione locale di Confcommercio, la cui legittimazione attiva, a tutela dell’interesse dei commercianti in concorrenza con quelli posti all’interno dell’outlet, è stata negata non sussistendo “un pregiudizio per tutti gli appartenenti alla categoria che, solo, legittimerebbe l’interesse a ricorrere”dell’Ente esponenziale (§1.1.1).

E) Anche il profilo della lesività in sé e per sé dell’assetto urbanistico, sul presupposto del quale viene legittimata l’apertura dell’insediamento commerciale, ha costituito oggetto della pronuncia n. 2342/’09, nel contesto della quale è stato precisato che “l’esistenza della suddetta variante urbanistica non lederebbe, di per sé, l’interesse dei ricorrenti” consistente nella volontà “di censurare le p. a. che hanno assentito il progetto del parco commerciale di Noventa di Piave in asserita violazione della disciplina in materia di programmazione commerciale stabilita dalla l. reg. n. 15 del 2004”. Si specifica che “a essere lesiva non è la destinazione commerciale dell’area, ma la realizzazione, sulla stessa, di un parco commerciale –outlet” .(§ 1.6).

Nel merito, poi, il Tar del Veneto contribuisce a dissipare alcuni dubbi sostanziosi sorti nella pratica applicativa delle norme regionali in materia di commercio.

A)      La prima questione, non in ordine di importanza, riguardava la compatibilità, con la normativa comunitaria (e costituzionale-interna), dell’introduzione, nell’ambito dell’articolo 12 della L.R. n. 15/2004 ante novella apportata con L.R. n. 21/2007, di una prescrizione sulla distanza minima tra outlets (100 Km). Tutte le sentenze segnalate concludono, uniformemente, nel senso della disapplicabilità della norma da parte del Giudice nazionale “poiché essa contrasta con le regole comunitarie in materia di tutela della concorrenza […] di immediata applicazione e, come tali, prevalenti su ordinamenti di rango inferiore, nella gerarchia delle fonti, eventualmente difformi”. Sui rapporti tra legislazione statale e legislazione regionale, poi, il Tar del Veneto riconosce che l’intervento statale non avrebbe titolo ad operare in una materia che, come quella del commercio, risulta demandata, dalla modifica del Titolo V della Costituzione in poi, alla competenza delle Regioni (art. 117, comma 4, Cost.), senza disconoscere, però, che la materia del commercio si intreccia con quella relativa alla tutela della concorrenza la quale è, invece, espressione di competenza esclusiva dello Stato. Con la conseguenza di ritenere che il Legislatore regionale sia sostanzialmente obbligato ad “adeguare le proprie disposizioni legislative e regolamentari – tra l’altro – sulle distanze tra gli esercizi entro il 1 gennaio 2007” (sentenza n. 2339/’09, § 2.2.4; sentenza n. 2340/’09, § 2.4; sentenza n. 2341/’09, § 2.15; sentenza n. 2342/’09, § 2.2).

B) Altro tema interessante è quello della compatibilità astratta della forma di vendita dell’outlet, la quale per legge deve essere limitata al commercio di prodotti non alimentari (non food),  con lo sfruttamento, ai fini del rispetto della programmazione regionale,  della disponibilità di superfici nel settore misto, (food – non food). Si occupano della questione, risolvendola in senso affermativo, le sentenze n. 2340/’09 e 2342/’09, nel contesto delle quali il Tar del Veneto ricorda che “la ripartizione interna della superficie di vendita tra i prodotti del settore alimentare e di quello non alimentare è nella disponibilità  del titolare dell’autorizzazione commerciale” posto che “il contingente misto può essere destinato, a discrezione del titolare dell’autorizzazione commerciale, a entrambi i settori merceologici, a quello alimentare e a quello non alimentare, ovvero all’uno piuttosto che all’altro, senza alcuna riserva obbligatoria di superficie a favore dell’uno o dell’altro”. Pertanto “nulla osta a che il contingente che la programmazione regionale riserva al settore misto venga assorbito per intero da una iniziativa economica che non preveda l’attivazione di alcun punto vendita del settore alimentare” (sentenza n. 2340/’09, § 2.1; sentenza n. 2342/’09, § 2.1).

C) Sempre in tema di apertura di un outlet, altra censura del ricorso riguardava la necessità, per il promotore dell’iniziativa, di essere un’azienda produttiva a norma dell’art. 12, comma 1, della L.R. n. 15/’04. Il Tar del Veneto chiarisce, con le sentenze n. 2340/’09, n. 2341/’09 e n. 2342/’09, che “le autorizzazioni commerciali per la vendita di prodotti all’interno degli outlets non presuppongono una identità  soggettiva tra azienda produttiva e soggetto venditore, anche se deve pur esistere un rapporto tra il soggetto che richiede l’autorizzazione commerciale e l’azienda produttiva, tale per cui l’attività  di vendita sia riferibile, anche solo in via indiretta e mediata, al soggetto produttore”. E che “Nella forma di vendita dell’outlet ben può accadere che l’azienda produttrice si avvalga, per regolamentare la messa in vendita della merce prodotta in eccesso oppure del fine serie, di altri soggetti legati al produttore dai più diversi rapporti negoziali, ciò che rileva essendo unicamente la riconducibilità dei prodotti alle aziende produttive”. (sentenza n. 2340/’09, § 2.2.; sentenza n. 2341/’09, §§ 2.23 e 24; sentenza n. 2342/’09, § 1.1.1).

D) A proposito di parchi commerciali, invece, il Tar del Veneto, con le sentenza n. 2339/’09 e n. 2341/’09, contribuisce a chiarire che:

- “i parchi commerciali sono aggregazioni di esercizi commerciali che, anche se situati in uno spazio unitario e omogeneo, sono distinti e autonomi. Il dato testuale ricavabile dalla lettura dell’art. 10 della l. reg. n. 15/04, con particolare riguardo all’uso del termine aggregazione, è indicativo di una realtà  caratterizzata da una pluralità  di esercizi, distinti e indipendenti tra loro, anche se legati dall’assoggettamento a una stessa disciplina amministrativa” (sentenza n. 2341/’09, § 2.7);

- sulla natura giuridica della delibera di ricognizione dei parchi commerciali ex art. 10, comma 8 L.R. n. 15/’04 e sull’estendibilità della necessaria (e conseguente) variante urbanistica al PRG oltre i ristretti ambiti del provvedimento di ricognizione, il Tar del Veneto, pur nascondendo una certa esitazione, precisa che il Consiglio Comunale ben può discostarsi dal provvedimento ricognitivo estendendo la perimetrazione del Parco. Si specifica, in proposito, che “Dall’esame delle disposizioni di cui all’art. 10, commi 3 e 8, e 18, della l. reg. n. 15/04, pare ammessa la possibilità  che la variante urbanistica non debba limitarsi a ripetere in modo pedissequo l’ambito segnato dal provvedimento ricognitivo, ma possa inserire nuove aree all’interno del parco, modificandolo (si intende, sussistendo le condizioni e nel rispetto della procedura di cui all’art. 18 l. reg. cit. -conf. Tar Veneto, III, sent. n. 1888/08, dal p. 4.1. al p. 5.2.). In altre parole, nulla sembra impedire che modificazioni dei parchi esistenti ex art. 10, comma 3, cit. siano disposte in sede di approvazione della variante prevista dal comma 8 dello stesso art. 10.” (sentenza n. 2339/’09. § 2.2.13).

- sull’obbligo di sottoposizione a VIA dei progetti afferenti al parco commerciale (compresa la redistribuzione interna della superficie del parco commerciale), il Tar afferma, innanzitutto, che “va assoggettata a procedura di VIA ogni modifica, relativa a parchi commerciali (esistenti), che concerne una superficie di vendita superiore agli 8.000 mq. […]”, con la specificazione per cui “Il limite degli 8.000 mq. riguarda … l’estensione della superficie oggetto di modifica della ripartizione interna, e non la superficie di vendita complessiva del parco commerciale, modificato” (sentenza n. 2339/’09, § 2.2.2; sentenza n. 2341/’09, § 2.17).

E) E c’è spazio anche per una considerazione sull’applicazione dell’art. 21- octies e sul principio di conservazione ed economia dei mezzi giuridici. Tutte e quattro le sentenze in esame si pronunciano uniformemente chiarendo che “in nome dei principi di economia dei mezzi giuridici e di conservazione degli atti, l’art. 21 octies della l. n. 241/90, a determinate condizioni, esclude che provvedimenti, astrattamente annullabili, possano essere caducati, così, a maggior ragione, non possono essere posti nel nulla tutti quei provvedimenti che, pur se assunti in violazione di legge, sono oggi conformi alle mutate prescrizioni normative. Diversamente opinando, si perverrebbe a una metodica che richiederebbe un doppio passaggio (annullamento dell’atto per carenza di un presupposto e successiva rivalutazione della medesima vicenda con esito favorevole per la medesima parte) del tutto superfluo e contrario alla logica dell’economia processuale (così Cons. St., V, sent. n. 5214 del 2004)”.

Avv. Francesco Avino

Ultimo aggiornamento ( giovedì 29 ottobre 2009 )
 
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