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LA CHANCE: DA MERA ASPETTATIVA A BENE PATRIMONIALE RISARCIBILE PDF Stampa E-mail
mercoledì 25 agosto 2010

di CARLO DE SIMONI.

1. DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI°, n. 5323 del 14/9/2006

L'apertura verso il risarcimento degli interessi legittimi di tipo pretensivo determinata dalla fondamentale sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione n. 500 del 22 luglio 1999, se, in linea di principio e sotto il profilo concettuale, ha sicuramente abbattuto dei pregiudizi consolidati (1), in concreto però non ha spianato la strada alla generalizzazione della tutela risarcitoria nell'azione amministrativa. Invero, il risarcimento del danno, nell'impostazione del Giudice della legittimità, presuppone pur sempre la lesione del concreto bene della vita, cui è proteso l'interesse legittimo. Pertanto, necessita che all'interesse pretensivo corrisponda un interesse finale o sostanziale, giuridicamente rilevante, e che tale bene della vita venga ad essere compromesso dall'azione illegittima della P.A. In altri termini, per il risarcimento del danno, l'interessato deve dimostrare che l'amministrazione lo ha indebitamente privato di un bene della vita senz'altro dovutogli. Ne deriva che il Giudice dovrà valutare la fondatezza della pretesa ad un determinato bene della vita giuridicamente rilevante, attraverso un giudizio prognostico condotto ex post sulla base della normativa applicabile alla fattispecie. Invero, si parla di un giudizio di spettanza, siccome diretto a verificare la fondatezza della pretesa al conseguimento del bene della vita cui è proteso l'interesse legittimo, quale presupposto indefettibile per il riconoscimento del danno (2). Un giudizio siffatto però, tenuto conto del principio delle divisione dei poteri ed in particolare delle prerogative della P.A., si rende possibile soltanto nelle fattispecie che non presentino margini di discrezionalità, nelle sue varie espressioni. Invero, solo in tali casi, il Giudice, senza interferire in ambiti ed aspetti riservati alla P.A., è in grado di valutare e decidere in ordine alla spettanza del bene della vita e, quindi, sanzionare, con il risarcimento del danno, l'interferenza illegittima dell'amministrazione. In ogni altra ipotesi, la discrezionalità dell'amministrazione viene a rappresentare per il Giudice un ostacolo insormontabile al giudizio di spettanza e, quindi, al risarcimento del danno. In effetti, solo all'amministrazione spetta rimuovere tale ostacolo con il riconoscimento e l'attribuzione del bene della vita in discussione, ma, così determinandosi, farebbe venir meno lo stesso oggetto del contendere, fatta salva l'eventuale azione risarcitoria correlata al ritardo.

Su tali presupposti, evidentemente, nel campo d'azione della P.A. le preclusioni all'azione risarcitoria, così come le correlative zone franche, si vengono a configurano piuttosto estese e ridotto, di conseguenza, risulta  in concreto l'ambito di tutela dei diritti degli amministrati (3).

Uno scenario siffatto viene però messo radicalmente in discussione dalla decisione n.5323 in data 14/9/2006 della IV° Sezione del Consiglio di Stato.

Invero, detta sentenza muove dalla considerazione che il giudizio di spettanza, nei casi di discrezionalità, “ossifica eccessivamente l'azione amministrativa e posticipa irragionevolmente le possibilità di ottenere il risarcimento, costringendo il giudice a pronunciare una sentenza di inammissibilità dell'azione risarcitoria per difetto dei presupposti e rimettendo in moto l'azione amministrativa , che, nel ri-esercizio del potere, si presenta paradossalmente scissa fra necessità di ottemperare al giudicato e timore di ingenerare i presupposti per l'esperimento dell'azione di danni.” Ove non sia agevole “la rinnovabilità dell'azione amministrativa (si trattava dell'aggiudicazione di un appalto mediante procedura negoziata, con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa ex art.24 lett.b) del D.Lgs. n.158 del 1995) ….. il danno valutabile nei confronti dell'amministrazione deve essere visto unicamente nella prospettiva della perdita di chance.”

A questo punto il Consiglio di Stato si sofferma  sul concetto di chance, delineandone le diverse possibili prospettive ricostruttive. Invero, in una prima prospettiva la chance si pone “quale bene patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d'autonoma valutazione, ……. distinta, sul piano ontologico, dagli obiettivi rispetto ai quali risulti teleologicamente orientata e di cui possa costituire la condizione o il presupposto in potentia”. Il danno sarà quindi determinato con riferimento al bene della vita rappresentato da tale probabilità, definitivamente perduta a causa di una condotta illecita altrui, senza alcuna correlazione con il risultato finale e con la”consistenza del suo assetto finale”.

In una diversa prospettiva, coltivata dalla dottrina civilistica, la chance è vista come utilità potenziale e configurata come lucro cessante, ragion per cui non ha “una propria consistenza intrinseca ed autonoma, ma presenta piuttosto una natura ontologicamente strumentale e teleologicamente orientata, concretizzandosi in un mero supporto verso un obiettivo finale di cui costituisce un semplice presupposto causale, privo di rilevanza giuridica quale autonomo bene patrimoniale”.

Osserva il Consiglio di Stato che la diversa qualificazione dell'istituto viene in apparenza ad incidere anche sul sistema probatorio applicabile, avendo presente che, per la prima configurazione, sembra sufficiente dimostrare la semplice probabilità della chance (oltre all'irreversibile compromissione del bene della vita e al nesso eziologico tra la condotta e l'evento lesivo), mentre per la seconda si deve comprovare che la possibilità di conseguire il risultato utile presenta un grado di verosimiglianza vicino alla certezza.

Invero, puntualizza il Consiglio di Stato, la rilevata distinzione del concetto di chance, in realtà, è dovuta ad una lettura parziale che “contrappone erroneamente, come blocchi distinti e reciprocamente incompatibili, i vari elementi costitutivi del danno da perdita di chance”. E’, invece, necessaria “un’attività esegetica, che dopo aver individuato gli elementi costitutivi della fattispecie in parola, li riconduca ad unità, in guisa da determinare una ricostruzione ontologica complessiva, uniforme e coerente.”

Ora, la parola chance deriva etimologicamente dal termine latino “cadentia”, che indica il cadere dei dati e sta a significare “buona probabilità di riuscita”, con riferimento quindi ad “una situazione teleologicamente orientata  verso il conseguimento di un’utilità  o di un vantaggio e caratterizzata da una possibilità di successo presumibilmente non priva di consistenza.” In altri termini, un’occasione per avere rilevanza giuridica e ricevere quindi tutela risarcitoria deve caratterizzarsi per “una consistente possibilità di successo”, ad evitare che divengano “ristorabili anche mere possibilità statisticamente non significative”. Siffatte considerazioni consentono, invero, di riunificare proficuamente i due orientamenti interpretativi sopra-considerati, posto che alla chance, da un lato, riconoscono la qualità di bene giuridico autonomo, indipendente dal vantaggio finale verso cui tende, e, dall’altro, invece, attribuiscono “un rilievo decisivo all’elemento prognostico o, rectius, probabilistico”, siccome necessario per dare ad una possibilità la consistenza di chance oppure per distinguere fra “probabilità di riuscita (chance risarcibile) e mera possibilità di conseguire l’utilità sperata (chance irrisarcibile)”. Soccorre al riguardo la “teoria probabilistica, che, nell’analizzare il grado di successione tra azione ed evento…….scandaglia, tra il livello della certezza e quello della mera possibilità, l’ambito della c.d. probabilità relativa, consistente in un rilevante grado di possibilità”. Per tale giudizio sulla concretezza della probabilità, da effettuarsi  in forma sintetica con riferimento alle condizioni ed ai presupposti ex ante (4), sarà sufficiente affidarsi normalmente alle nozioni di comune esperienza (id quod plerumque accidit), ma in determinati casi dovrà farsi applicazione di particolari discipline in grado di dare risposte esaustive in ordine alla prognosi probabilistica.

Il Consiglio di Stato precisa quindi che la soglia minima di probabilità è normalmente rappresentata dal 50%, che però non costituisce un parametro dal valore assoluto, dovendosi tener conto della consistenza dei poteri attribuiti dall’ordinamento alla pubblica amministrazione. L’esito del giudizio prognostico, infatti, è ampiamente condizionato dal grado di discrezionalità con cui l’amministrazione è in grado di incidere sul conseguimento del risultato finale. Invero, nei casi di attività vincolata o tecnico-discrezionale, il giudizio prognostico è in condizioni di determinare il grado di possibilità di ottenimento del risultato finale e, quindi, la consistenza e rilevanza dell’utilità potenziale. In ipotesi di discrezionalità amministrativa, invece, è normalmente impossibile un giudizio prognostico in termini di preciso calcolo percentuale, ma ciò non esclude che la chance possa ugualmente trovare riconoscimento e ristoro economico.

In conclusione, il risarcimento è dato dalla perdita definitiva di un’occasione favorevole, rilevata come altamente probabile sulla base di un giudizio prognostico ex post, ritenuta un bene giuridicamente ed economicamente rilevante già esistente nel patrimonio del soggetto leso al momento del verificarsi dell’evento imputabile alla pubblica amministrazione.

 

2. EVOLUZIONE NELLA GIURISPRUDENZA SUCCESSIVA

La giurisprudenza successiva ha sostanzialmente ribadito che la tutela della chance è data soltanto qualora l’interessato alleghi e comprovi, sia pure in via presuntiva e probabilistica, l’elevato grado di possibilità di conseguire il risultato favorevole (5).

Peraltro, la Suprema Corte di Cassazione con una recente sentenza in materia di rapporto di lavoro ha puntualizzato che il Giudice per determinare, sulla base del giudizio prognostico, il tasso di probabilità dell’evento non deve limitarsi a criteri meramente statistici (come, ad esempio, il numero dei concorrenti), ma deve valutare in concreto tutti gli elementi, allegati e comprovati dall’interessato (come, ad esempio, il curriculum del candidato), suscettibili di condizionare il risultato della gara (6).

 La giurisprudenza ha messo quindi in evidenza come della chance sia ammissibile anche la reintegrazione in forma specifica, realizzata attraverso decisioni del G.A che rimettono il ricorrente nell’originaria possibilità di conseguire il risultato favorevole. Si parla di una forma di tutela reale della chance a norma dell’art. 2058 cc., in alternativa al rimedio di carattere generale del risarcimento del danno per equivalente (7).

In realtà, la reintegrazione in forma specifica della chance costituisce una fattispecie del tutto diversa da quella sopra considerata, posto che

-         quest’ultima ha a presupposto che il bene della vita cui è proteso l’interesse pretensivo del privato sia irrimediabilmente compromesso o comunque non più perseguibile, per cui il risarcimento per equivalente della chance mancata costituisce l’unico rimedio per il soggetto leso nelle sue aspettative;

-         in relazione alla reintegrazione in forma specifica non hanno ragione di porsi le considerazioni in ordine al giudizio probabilistico e al grado di possibilità dell’evento favorevole, mentre per la tutela della chance mediante risarcimento del danno rappresentano un passaggio essenziale per distinguere la chance risarcibile dalla chance non risarcibile;

-         nella reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno trova spazio esclusivamente in correlazione al ritardo e/o ai maggiori oneri o minori benefici nel conseguimento del risultato;

-         nella reintegrazione in forma specifica il  soggetto recupera le opportunità originarie, ma il conseguimento del risultato finale è solitamente mediato da ulteriori provvedimenti della pubblica amministrazione a contenuto discrezionale. Solo nel caso di attività in tutto vincolata, la tutela giurisdizionale può concretizzarsi nel conseguimento del bene della vita, ma sarebbe in ogni caso non appropriato parlare di tutela della chance, posto che al giudizio probabilistico si sostituisce il c.d. giudizio di spettanza. In ogni altra ipotesi, invece, il recupero della chance rimette solo in corsa il concorrente, ma l’esito finale della competizione dipende da vari fattori, non ultimo le possibilità di scelta dell’amministrazione.

Peraltro, potrebbe porsi per il soggetto leso nelle sue aspettative l’onere di richiedere in via prioritaria e principale la tutela in forma specifica della chance, ad evitare di essere considerato corresponsabile dei danni provocati dall’amministrazione ai sensi e per gli effetti dell’art.1227 cc.. Naturalmente, il problema non si pone quando il risultato finale non sia più conseguibile, per essersi la situazione irreversibilmente evoluta, così da consentire solamente il ristoro economico per equivalente della chance mancata.

Invero, in tal senso dispone l’art. 12 del D.Lgs. n.53 del 20/3/2010 (“Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici”), per il quale la mancata proposizione nel giudizio avanti al G.A., senza giustificato motivo, della domanda di conseguire l’aggiudicazione del contratto, previa declaratoria di inefficacia del contratto in favore di altri concorrenti, costituisce “condotta processuale della parte” da valutarsi dal Giudice ai sensi dell’art.1227 cc.

Altro aspetto rilevato dalla giurisprudenza è che esiste un danno da perdita di chance anche con riferimento alla c.d. responsabilità precontrattuale della P.A. di cui agli artt.1337 e 1338 cc. (8).

In effetti, viene qui in evidenza non un provvedimento illegittimo della P.A. che abbia precluso il conseguimento del bene della vita cui è proteso l’interesse legittimo, ma un comportamento negligente e sleale della stessa amministrazione in violazione dell’affidamento in buona fede del privato. Il caso tipico è quello che consegue all’annullamento dell’aggiudicazione e alla declaratoria di inefficacia del contratto, per effetto di un provvedimento giudiziale o anche in via di autotutela, per vizi imputabili ad errori della P.A. Al privato così estromesso dal contatto potrà spettare il risarcimento della chance con riferimento però alle occasioni alternative mancate. Si tratta, in altri termini, del c.d. interesse negativo, ovvero l’interesse a non essere coinvolto in una vicenda contrattuale poi non perfezionatasi per colpa della controparte. Dell’interesse negativo fanno parte, in effetti, anche le occasioni mancate, ovvero le diverse opportunità che il soggetto avrebbe potuto conseguire ove non fosse stato distolto dalle trattative poi non andate a buon fine (9).

Peraltro, la perdita di chance da responsabilità pre-contrattuale presenta connotazioni alquanto diverse rispetto a quella cui si è fatto finora riferimento. Intanto, si riferisce al c.d. interesse negativo al contratto e quindi ad un’entità giuridico-economica non corrispondente al risultato finale del procedimento. La stessa, inoltre, si configura in termini di mancato guadagno ed è, pertanto, riconducibile al c.d. lucro cessante (10). Il danno emergente è invece costituito, nel caso di interesse negativo, dalle spese ed oneri inutilmente sostenuti dal contraente poi estromesso per fatto imputabile all’amministrazione.

 

3. DANNO DA PERDITA DI CHANCE

La problematica sarà esaminata con riferimento all’interesse positivo al contatto. Inoltre, si considera il risarcimento del danno per equivalente, sul presupposto che la reintegrazione della chance in forma specifica non sia più possibile.

Le voci di danno sono solitamente costituite:

-          dalle spese per la partecipazione alla gara, riconosciute sia dalla giurisprudenza amministrativa che da quella civile e qualificate come danno emergente (11). Peraltro, non senza qualche perplessità, avendo presente che una voce siffatta di risarcimento trova più propriamente spazio in fattispecie di responsabilità pre-contrattuale, quando cioè viene fatto valere il c.d. interesse negativo al contratto. Ove, invece, il ristoro sia correlato all’interesse positivo all’adempimento, non sembra coerente riconoscere al contraente pretermesso il rimborso delle spese del contratto e, nel contempo, l’utilità (sia pure in parte percentuale) rappresentata dal contratto. Del resto, se il contraente avesse potuto regolarmente esercitare la chance non avrebbe conseguito comunque il rimborso delle spese di partecipazione alla gara (12);

-         dal mancato guadagno, costituito dall’utilità che avrebbe prodotto il contratto mancato (ove, naturalmente, si verta di procedure per l’affidamento di contratti pubblici). La giurisprudenza indica solitamente come parametro di riferimento il disposto dell’art.345 della L. 20 marzo 1865 n.2248, allegato F, ed ora dell’art.134 del D.P.R. n.163 del 2006 (13). Invero, la norma consente alla stazione appaltante di recedere dal contratto con l’assunzione di un onere pari ad un decimo delle opere ancora da eseguire, peraltro da computarsi sui 4/5 dei restanti lavori. Analogo criterio viene quindi proposto per determinare il danno da perdita di chance. Peraltro, la chance rappresenta solo la probabilità di esito positivo della procedura di aggiudicazione, per cui si dovrà fare riferimento ad una percentuale, equitativamente determinata, del predetto mancato guadagno. Sul punto, la giurisprudenza ha però puntualizzato che non si può fare applicazione esclusivamente di criteri statistici (come il numero dei partecipanti), ma la posizione del singolo concorrente deve essere valutata nella sua specificità (14). Il concorrente, inoltre, deve dimostrare ex art.1227, 2° comma, cc. di non aver altrimenti potuto ammortizzare mezzi e maestranze, a pena di subire un’ulteriore decurtazione del danno riconosciuto per perdita di chance. Come già accennato, rileva poi anche il concorso del creditore nella causazione del danno a norma dell’art.1227 cc.. Una circostanza che può incidere al riguardo è rappresentata dalla mancata richiesta, quando era possibile, della reintegrazione in forma specifica della chance con l’aggiudicazione del contratto (cfr. art.12 del D.Lgs. n.53 del 2010). Come detto, il danno viene tendenzialmente ricondotto al c.d. danno emergente, in ragione della sua concretezza ed attualità (15);

-         il c.d. danno curriculare, costituito dal pregiudizio subito dall’impresa esclusa dalla gara, a causa del mancato arricchimento del proprio curriculum professionale per non poter annoverare tra le proprie esperienze l’appalto in questione.  Lo stesso fa parte del c.d. lucro cessante e viene liquidato in via equitativa ex art. 1226 cc. (16).

Le predette voci di danno sono poi suscettibili di rivalutazione ed interessi, trattandosi di crediti di valore (17)

 

 

 

 

Note

 

1)       Di giurisprudenza “pietrificata” parla M.Nigro, Introduzione, in “La responsabilità per lesione di interessi legittimi”, Tavola rotonda di Roma del 24/4/1982, in Foro amm., 1982, I, 1674.

2)       Caringella in Corso di Diritto Processuale Amministrativo, 2009, 698 e ss., affronta le problematiche relative al giudizio di spettanza del bene della vita per gli interessi pretensivi. Rileva come il giudizio prognostico non presenti particolari problemi in caso di attività amministrativa vincolata. Altrimenti, si configura la difficoltà di conciliare il potere del giudice con le prerogative dell’amministrazione.

Falcon, Il Giudice Amministrativo tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione di spettanza, relazione al Convegno sulla tutela dell’interesse al provvedimento, Trento, 9-10 novembre 2000, Dir.Proc.Amm., II, 2002, 287, mette in evidenza come il riconoscimento della tutela risarcitoria degli interessi legittimi imponga una diversa configurazione del processo amministrativo. In particolare, il processo amministrativo, da essenzialmente impugnatorio, assume connotazioni proprie del processo di accertamento e di condanna.

3)       Per la prevalente giurisprudenza, infatti, la risarcibilità del danno poteva aver luogo solamente nelle ipotesi in cui l’attività rinnovatoria, conseguente ad un annullamento illegittimo, si fosse connotata per l’assenza di ogni ulteriore aspetto di discrezionalità e, quindi, il potere in capo all’amministrazione fosse del tutto vincolato (ex multis, TAR Puglia, Bari, n.169 del 17 gennaio 2000, in T.A.R., 3/2000, 1479). Nel caso, invece, di residua discrezionalità dell’amministrazione, il risarcimento del danno trova riconoscimento solo dopo che la stessa amministrazione, nel ri-esercizio del proprio potere, abbia riconosciuto all’interessato il bene della vita in questione, ma in tal caso il danno sarà limitata al solo ritardo (C. S., IV, n.1495 del 15/4/2003 in Lex Italia.it ; T.A.R. Veneto, II, n.2166 del 31/3/2003, ibidem).

4)       Si parla di “giudizio prognostico ex post” nel senso che il grado di possibilità del verificarsi dell’evento favorevole viene espresso sulla base di una previsione effettuata però a posteriori. Le condizioni da prendere in considerazione sono però quelle ex ante, ovvero quelle in essere al momento del verificarsi dall’evento che ha vanificato la chance.

5)       Ex multis, T.A.R. Lazio Roma, Sez.I, 11/3/2008, n.2210; Cass. civ., Sez. lavoro, 23/1/2009, n.1715.

6)       Cass. civ., Sez. lavoro, 3/3/2010, n.5119 ha cassato una sentenza di merito in cui il Giudice aveva fondato il giudizio prognostico sul grado di probabilità su meri criteri statistici, senza tenere nel dovuto conto il curriculum del ricorrente e le schede personali degli altri partecipanti al concorso. Idem, 23/1/2009, n.1715.

7)       Cons. Giust. Amm. Sic., 2/372007, n.81.

8)       T.A.R. Lazio – Roma, Sez. II Quater, 16/3/2010, n.4175, ove è puntualizzato che la revoca legittima degli atti di una procedura di gara può dare luogo a responsabilità contrattuale della P.A., nel caso di affidamenti suscitati nell’impresa dagli atti della procedura ad evidenza pubblica.

9)        Non si può non rimarcare, peraltro, che il concetto di responsabilità precontrattuale nel sistema civilistico si contrappone, nei suoi presupposti e nei suoi effetti, a quella di responsabilità contrattuale, correlata alla violazione di specifici obblighi. Nel diritto amministrativo, invece, non ha ancora trovato una definitiva qualificazione la responsabilità della P.A. per lesione di interessi legittimi. Invero, la sentenza n.500 del 1999 delle Sezioni Unite faceva riferimento alla responsabilità extracontrattuale o aquiliana ex art. 2043 cc., così come tuttora la prevalente giurisprudenza amministrativa in tema di lesione di interessi legittimi. Non mancano però spunti per una diversa ricostruzione della responsabilità della P.A., come il riferimento al c.d. “contatto sociale qualificato”, inteso come stretta relazione tra Amministrazione e cittadino che inerisce al procedimento amministrativo e da cui derivano per la prima doveri di correttezza e diligenza che  vanno al di là della regola del neminem laedere (Cons. Stato, Sez. IV, 12/3/2010, n.1467).

10)   Il danno da perdita di chance è invece tendenzialmente qualificato dalla giurisprudenza amministrativa come danno emergente, a dimostrazione della sua concretezza ed attualità ( T.A.R. Lazio Roma, Sez.I , 16/1/2009, n.258).

11)   Cons. Giust. Amm. Sic., 2/372007, n.81, qualifica come danno emergente quanto sostenuto dal concorrente per la preparazione dell’offerta e per la partecipazione alla gara.

12)   Cons. Stato, Sez. VI, 27/4/2010, n.2384, puntualizza correttamente che in sede di risarcimento dei danni per illegittima aggiudicazione di una gara di appalto, non possono considerarsi rimborsabili i costi affrontati dall’impresa per la presentazione dell’offerta. Tale costo, infatti, non rimborsabile nemmeno in caso di aggiudicazione del’appalto, deve ritenersi un investimento e, nel contempo, un rischio per l’impresa, funzionale al conseguimento del contratto ed il cui ritorno è dato dall’utile dell’operazione.

13)   Cons. Stato, Sez. VI, 27/4/2010, n.2384, precisa che il parametro indicato dall’art. 345 della legge n.2248, all.F, del 1865 (10% dell’importo dell’appalto) non va applicato in via automatica, dovendo il danno da mancata aggiudicazione di un contratto essere in concreto determinato dal Giudice sulla base dei dati, allegati e documentati dall’impresa, sui costi e ricavi dell’operazione.

14)   Cass. civ., Sez. lavoro, 3/3/2010, n.5119. In effetti, la determinazione in concreto del grado di probabilità di esito positivo rileva per distinguere la mera possibilità dalla chance suscettibile di risarcimento, ma altresì per la determinazione del danno effettivamente risarcibile.

15)   Peraltro, sulla qualificazione del danno da perdita di chance in termini di danno emergente, piuttosto che di lucro cessante, non si riscontra assoluta univocità di orientamenti in giurisprudenza.

16)   Cons. Stato, Sez. VI, 27/4/2010, n.2384, correla il c.d. danno curriculare alla “diminutio di peso imprenditoriale della società, per omessa acquisizione dell’appalto che la medesima avrebbe avuto titolo a conseguire; tale diminutio può essere rapportata ad un inferiore radicamento nel mercato, anche quale possibile concausa di crisi economica o imprenditoriale, in termini di difficile determinazione, ma in linea di massima rapportabili a valori percentuali compresi – secondo una stima ritenta equa -  fra l’1% e il 5% dell’importo globale del servizio da aggiudicare”.

17)   Cons. Stato, Sez. VI, 27/4/2010, n.2384, statuisce che gli interessi spettano “nella misura e nei modi legislativamente previsti, dalla data della domanda all’effettivo saldo”. Ora, rivalutazione ed interessi rispondono a finalità diverse ed esplicitamente, la prima, risarcitoria del danno da svalutazione e, i secondi, compensativa della perdita subita da chi riceve tardivamente una somma di denaro fruttifera per definizione. Gli interessi compensativa vanno computati sulle somme di anno in anno rivalutate.

 

 

 

 

 

 

 

 
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