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Alcune perplessità sull'azione di condanna nel nuovo Codice del processo amministrativo PDF Stampa E-mail
martedì 16 novembre 2010

di ROCCO GIACOBBE VACCARI.

Il Codice del processo ammnistrativo prevede espressamente delle azioni di cognizione ossia: l'azione di annullamento (art. 29 c.p.a.), l'azione di condanna (art. 30 c.p.a.) e l'azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità (art. 31 c.p.a.).

Con l'azione di condanna – nel cui ambito Si colloca l'azione risarcitoria - il legislatore ha cercato di instaurare un rapporto più equilibrato tra l'azione di annullamento dei provvedimenti illegittimi e la più recente azione di risarcimento del danno, tutte e due espreribili innanzi alla giustizia amministrativa.

Infatti, negli ultimi tempi, sui rapporti tra le suddette azioni si era assisitito ad uno scontro tra giudice ordinario e giudice amministrativo avente ad oggetto la c.d. “pregiudizialità amministrativa”. Il primo era propenso ad ammettere l'azione risarcitoria indipendentemente dall'esperimento dell'azione di annullamento, il secondo invece no, permettendo la richiesta di un risarcimento solo se prima fosse stato chiesto e annullato il provvedimento amministrativo che aveva procurato una lesione della sfera giuridica del destinatario.

Nonostante i buoni propositi del nuovo Codice rimangono però degli aspetti di criticità che la norma in esame non risolve, e che quindi sarà necessario chiarire.

Infatti, il Codice del processo amministrativo, sebbene da un lato abbia normativizzato la posizione espressa più volte dalla Corte di Cassazione sulla possibilità di coltivare un giudizio risarcitorio autononomo e sganciato dall'azione d'annullamento del provvedimento lesivo, dall'altro, al comma 3 dell'art. 30, prevede uno sbarramento processuale ed uno sbarramento sostanziale al nuovo istituto.

Dal punto di vista processuale, la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi dovrà essere proposta entro il termine di decadenza di 120 giorni. Tale termine probabilmente renderà sporadica l'ipotesi di un giudizio risarcitorio autonomo rispetto all'azione di annullamento, soprattutto per la sua palese brevità se lo si rapporta al termine prescrizionale quinquennale rispetto all'azione risarcitoria civile ex artt. 2043-2947 c.c..

Altresì, si prevede come tale termine decorrerà “dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo.”. Qui si pensi ai problemi interpretativi che potrebbero sorgere dall' individuazione del dies a quo in quelle situazioni rientranti nella giurisdizione esclusiva che prevedono più fatti o atti che si ripetono nel tempo o nei rapporti di durata.

Analizzando ora l'aspetto sostanziale, si legge che il Giudice nel determinare il risarcimento “valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti.”.

Il Giudice ha quindi un'ampia discrezionalità sulla quantificazione del risarcimento, che può financo essere azzerata se il richiedente ha concorso a determinare o a non evitare l'illecito.

Un orientamento dottrinale fa derivare questa ricostruzione dalle regole civilistiche di cui all'art.1227 c.c., anche se una certa giurisprudenza (espressasi in materia di appalti pubblici) non condivide tale termine di paragone ritenendolo inapplicabile alle parti del processo amministrativo.

Da questa previsione normativa potrebbe sorgere il sospetto che il problema “pregiudiziale amministrativa” non sia stato, in realtà, legislativamente risolto, ma lasciato ancora in mano alla giurisprudenza. Prima dell'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo abbiamo assistito agli schieramenti pro e contro la pregiudiziale amministrativa tra le giurisprudenze di legittimità, ora, con il comma 3 dell'art. 30 il legislatore chiede al Giudice di valutare come le parti si sono comportate, e comunque di non risarcire i danni evitabili usando l'ordinaria diligenza anche attraverso strumenti processuali, onerando così le parti di attività giuridica e concedendo il fianco ai Giudici per un'ampia discrezionalità valutativa con probabili contrasti giurisprudenziali.

Insomma, si ha il sospetto che, sotto un certo punto di vista, “la c. d. pregiudiziale amministrativa, uscita dalla porta, voglia rientrare dalla finestra...”.

Ultimo aggiornamento ( martedì 16 novembre 2010 )
 
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