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I POTERI CONTINGIBILI E URGENTI DEI SINDACI AL VAGLIO DELLA CORTE PDF Stampa E-mail
giovedì 28 aprile 2011

di GIUSEPPE SCUGLIA 

commento a Corte Costituzionale, sentenza n. 115/2011 depositata il 07/04/2011.

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come sostituito dall’art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125, nella parte in cui comprende la locuzione “, anche” prima delle parole “contingibili e urgenti”.

Con la decisione in epigrafe (clicca qui per la lettura), la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come sostituito dall’art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125, nella parte in cui comprende la locuzione “, anche” prima delle parole “contingibili e urgenti”.

La questione era stata sollevata dal TAR Veneto con l’ordinanza n. 40/2010 (cfr. i commenti pubblicati nei mesi scorsi su questa Rivista), a seguito del ricorso proposto dall’Associazione Razzismo Stop contro un’ordinanza c.d. “antiaccattonaggio” emanata dal Sindaco di Selvazzano Dentro.

Il Collegio veneziano dubitava che l’attribuzione ai Sindaci di nuovi poteri di ordinanza, sganciati dal tradizionale limite consistente nella necessità di fronteggiare situazioni di emergenza (contingibili e urgenti), non fosse legittimo. In effetti, tali poteri erano stati esercitati dai Sindaci di tutta Italia in modo discutibile e a volte perfino stravagante, per regolare le più svariate fattispecie, facendo così risaltare le contraddizioni insite nell’esercizio di un simile nuovo potere locale in conseguenza dell’innovazione legislativa. In particolare, nel caso che ha dato origine alla vicenda, il Sindaco pareva aver esorbitato dai propri limiti istituzionali, invadendo ambiti che sono disciplinati, o devono essere disciplinati, dalla legge, in particolare dal codice penale, dal codice civile e dalle leggi fondamentali del diritto amministrativo.

La Corte Costituzionale ha accolto in pieno i rilievi sollevati dal TAR Veneto ed ha riconosciuto che la norma censurata è illegittima in quanto contrasta quanto meno con tre articoli della Costituzione:

l’art. 23, in base al quale nessuna prestazione, personale o patrimoniale, può essere imposta, se non in base alla legge, in rapporto agli articoli 13 e ss., che tutelano la libertà e la proprietà individuali;

l’art. 97, che ha istituito una riserva di legge relativa per assicurare l’imparzialità della pubblica amministrazione, la quale può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto previsto in via generale dalla legge;

l’art. 3, principio di eguaglianza, in quanto la norma esaminata consente all’autorità amministrativa, nella specie rappresentata dai sindaci, restrizioni diverse e variegate della libertà individuale, frutto di valutazioni molteplici, non riconducibili ad una matrice legislativa unitaria.

In effetti, il “cuore” della decisione della Corte consiste nell’affermazione che il nuovo potere di ordinanza “lede il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, giacché gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci. Non si tratta, in tali casi, di adattamenti o modulazioni di precetti legislativi generali in vista di concrete situazioni locali, ma di vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà, che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai sindaci, senza base legislativa, come la prassi sinora realizzatasi ha ampiamente dimostrato”.

Insomma, il territorio nazionale non può essere frazionato in innumerevoli ambiti locali, in ciascuno dei quali il Sindaco esercita una sorta di potere “legislativo” ad efficacia territoriale circoscritta. Ci pare che, tra le righe, venga in considerazione anche l’art. 5: la Repubblica é una e indivisibile.

Per effetto della decisione della Corte, avente valore costitutivo, tutte le ordinanze sindacali emanate in base alla norma decaduta sono divenute inapplicabili, con effetto retroattivo, fatti salvi soltanto i rapporti giuridici già esauriti.

Si riporta il testo integrale delle sentenza n. 115:

 

Con la decisione in epigrafe, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come sostituito dall’art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125, nella parte in cui comprende la locuzione “, anche” prima delle parole “contingibili e urgenti”.

La questione era stata sollevata dal TAR Veneto con l’ordinanza n. 40/2010 (cfr. i commenti pubblicati nei mesi scorsi su questa Rivista), a seguito del ricorso proposto dall’Associazione Razzismo Stop contro un’ordinanza c.d. “antiaccattonaggio” emanata dal Sindaco di Selvazzano Dentro.

Il Collegio veneziano dubitava che l’attribuzione ai Sindaci di nuovi poteri di ordinanza, sganciati dal tradizionale limite consistente nella necessità di fronteggiare situazioni di emergenza (contingibili e urgenti), non fosse legittimo. In effetti, tali poteri erano stati esercitati dai Sindaci di tutta Italia in modo discutibile e a volte perfino stravagante, per regolare le più svariate fattispecie, facendo così risaltare le contraddizioni insite nell’esercizio di un simile nuovo potere locale in conseguenza dell’innovazione legislativa. In particolare, nel caso che ha dato origine alla vicenda, il Sindaco pareva aver esorbitato dai propri limiti istituzionali, invadendo ambiti che sono disciplinati, o devono essere disciplinati, dalla legge, in particolare dal codice penale, dal codice civile e dalle leggi fondamentali del diritto amministrativo.

La Corte Costituzionale ha accolto in pieno i rilievi sollevati dal TAR Veneto ed ha riconosciuto che la norma censurata è illegittima in quanto contrasta quanto meno con tre articoli della Costituzione:

l’art. 23, in base al quale nessuna prestazione, personale o patrimoniale, può essere imposta, se non in base alla legge, in rapporto agli articoli 13 e ss., che tutelano la libertà e la proprietà individuali;

l’art. 97, che ha istituito una riserva di legge relativa per assicurare l’imparzialità della pubblica amministrazione, la quale può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto previsto in via generale dalla legge;

l’art. 3, principio di eguaglianza, in quanto la norma esaminata consente all’autorità amministrativa, nella specie rappresentata dai sindaci, restrizioni diverse e variegate della libertà individuale, frutto di valutazioni molteplici, non riconducibili ad una matrice legislativa unitaria.

In effetti, il “cuore” della decisione della Corte consiste nell’affermazione che il nuovo potere di ordinanza “lede il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, giacché gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci. Non si tratta, in tali casi, di adattamenti o modulazioni di precetti legislativi generali in vista di concrete situazioni locali, ma di vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà, che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai sindaci, senza base legislativa, come la prassi sinora realizzatasi ha ampiamente dimostrato”.

Insomma, il territorio nazionale non può essere frazionato in innumerevoli ambiti locali, in ciascuno dei quali il Sindaco esercita una sorta di potere “legislativo” ad efficacia territoriale circoscritta. Ci pare che, tra le righe, venga in considerazione anche l’art. 5: la Repubblica é una e indivisibile.

Per effetto della decisione della Corte, avente valore costitutivo, tutte le ordinanze sindacali emanate in base alla norma decaduta sono divenute inapplicabili, con effetto retroattivo, fatti salvi soltanto i rapporti giuridici già esauriti.

Si riporta il testo integrale delle sentenza n. 115 (clicca qui).

 

Ultimo aggiornamento ( giovedì 28 aprile 2011 )
 
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