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SONO PASSATI DIECI ANNI (nel memoriale dell'avv. Giulio SCHILLER) PDF Stampa E-mail
mercoledì 08 febbraio 2012

 La memoria che lascia dietro di sé un avvocato, anche l'avvocato più celebre, è effimera. Le nostre carte, i nostri processi, le nostre fatiche sono davvero cose di poco conto, se paragonate ad altre azioni, ad altre esigenze dell'umanità. Tutte queste nostre cose finiscono presto in cenere insieme a chi le ha sopportate.


Il decennale della scomparsa dell'avvocato Giulio SCHILLER non può, però, essere trascurato; non da noi, per lo meno, visto che Egli presiedette la nostra Associazione per tantissimo tempo.


Io l'ho conosciuto bene solo nei suoi ultimi anni. Altri di noi hanno avuto modo di apprezzarlo nel pieno della sua azione forense: le cause del Vajont, quelle sulla Marmolada, gli incarichi prestigiosi in Consiglio di Stato, in Cassazione e in Corte costituzionale.


Lo ricordo, alla somma delle cose, come un uomo portatore di una malinconica allegria; capace di ritratti caustici ma comprensivi; più facile a perdonare di quanto si sarebbe potuto supporre; incline all'ironia al punto tale da indulgere, volutamente, nel macchiettismo verso se stesso.


Lo ricordo abilissimo nel nascondere i tormenti che lo affliggevano e che non rivelava neppure nei momenti più gravi.


Uomo non timido, però; uomo esuberante.


Intelligente e acutissimo, non occorre neppure dirlo. Penna scioltissima. Senso della causa innato.


Giulio SCHILLER è stato per noi veneti l'ultimo avamposto degli avvocati che scrivevano le memorie a penna per essere poi dattilografate in carta carbone; con lui terminò l'era dei ricorsi scritti sulla base delle massime riportate nelle riviste.

 

In un decennio è veramente cambiato tutto: il giudice amministrativo, il modo di fare la professione, la nostra stessa Associazione.


Giulio SCHILLER ha avuto la sorte di non conoscere l'abolizione dei minimi tariffari, l'avvocato imprenditore, la propaganda forense, gli obblighi sulla sicurezza e quelli sulla privacy. Non ha conosciuto il contratto scritto con il cliente; non ha conosciuto gli avvocati che guadagnano meno di quanto guadagni un impiegato di concetto. Né ha conosciuto i contributi unificati superiori alla parcella.


Giulio SCHILLER non ha conosciuto gli affanni di un giudice sempre più desideroso di abbandonare la funzione giurisdizionale per tornare ad essere una pubblica amministrazione con competenze generali e d'élite.


Giulio SCHILLER ripeteva che la nostra Associazione doveva essere solo una sede di interessi culturali; che la stessa non doveva trasformarsi in una sorta di sindacato. In parte, non è stato possibile rispettare il suo desiderio, perché le circostanze hanno imposto diversamente. Il Tribunale amministrativo non macina più quattromila ricorsi all'anno, gli enti pubblici non affrontano più le difese e le consulenze con la larghezza di un tempo, la situazione economica non ci permette più di trattare con superiorità, e quasi con compiaciuta trascuratezza, gli interessi del nostro stesso ceto.


È certo che, se pure fosse vissuto ai nostri tempi, Giulio SCHILLER sarebbe stato comunque un grande avvocato: le sue doti non avrebbero consentito altro.


Ma egli era, soprattutto, un uomo elegante nel pensiero e nell'azione. Sarebbe stato davvero ingiusto vederlo nuotare in queste grigie e putride acque a cui noi siamo stati condannati.


Di Giulio SCHILLER occorre così serbare il ricordo. Non solo per i meriti umani e professionali che Egli dimostrò di possedere con larghezza, ma anche per quello che Egli impersonò.


La figura di Giulio SCHILLER ci ricorda quello che voleva dire essere un avvocato; ci ricorda quello che siamo stati e quello che dobbiamo tornare ad essere. Uomini eleganti, appunto; uomini rispettati perché le nostre opere giustificano questo rispetto.


Uomini - per dirla in veneto idioma - onorati.

 

Padova, 8 febbraio 2012

francesco volpe

Ultimo aggiornamento ( lunedì 04 giugno 2012 )
 
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