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LA PROROGA DEI TERMINI DEI TITOLI EDILIZI E DELLE CONVENZIONI DI LOTTIZZAZIONE PDF Stampa E-mail
lunedì 08 giugno 2015

di Paolo Neri

1. L’art. 30 del decreto legge n. 69/2013 (recante “disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”), convertito con modificazioni dalla legge n. 98/2013, prevede ai commi 3 e 3-bis due diverse ipotesi di proroga dei termini per l’esecuzione degli interventi edificatori.

Più precisamente, il comma 3 (già presente nel testo originario del decreto legge) riguarda la proroga dei termini stabiliti dai titoli edilizi e prevede che,

previa comunicazione del soggetto interessato, sono prorogati di due anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 15 del d.P.R. del 6 giugno 2001, n. 380, come indicati nei titoli abilitativi rilasciati o comunque formatisi antecedentemente all’entrata in vigore del presente decreto, purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell’interessato e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione dell’interessato, con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati”.

Il comma 3-bis, invece, inserito in sede di conversione del decreto, riguarda la proroga dei termini previsti dalle convenzioni urbanistiche, e dispone che “il termine di validità nonchè i termini di inizio e fine lavori nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero degli accordi similari comunque nominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012, sono prorogati di tre anni.

La concreta applicazione delle citate disposizioni legislative, il cui tenore letterale, pur nella sostanziale “omogeneità” dell’istituto disciplinato (la proroga), presenta alcune significative differenze, pone alcuni delicati problemi interpretativi, che risultano di incerta soluzione anche in ragione del fatto che, ad oggi, è intervenuta in merito solo qualche isolata pronuncia.

Su alcuni profili applicativi delle norme in questione, tuttavia, sembra possibile raggiungere conclusioni più sicure.

Così, sembra potersi affermare con ragionevole certezza che, mentre la proroga disciplinata dal comma 3 postula in ogni caso una domanda (rectius, “comunicazione”) del soggetto interessato, il comma 3-bis contempla invece un’ipotesi di proroga ex lege che trova applicazione a prescindere da una specifica istanza di parte.

Del pari, sembra potersi affermare con altrettanta certezza che la proroga di cui al comma 3-bis riguarda i termini di inizio e fine lavori di tutti gli interventi contemplati dalle convenzioni urbanistiche, vale a dire di quelli relativi sia all’edificazione privata che alle opere di urbanizzazione: facendo deporre in tal senso il dato letterale della norma, che riferisce in generale la proroga a tutti i termini (di validità e di inizio e fine lavori) previsti nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione.

Se dunque su tali aspetti l’applicazione delle norme in commento non sembra essere fonte di particolari incertezze, un profilo che fa invece sorgere non trascurabili problemi interpretativi è quello relativo all’ambito “temporale” di applicazione della fattispecie disciplinata dal comma 3-bis.

In proposito, va infatti rilevato che, mentre il comma 3 dispone espressamente che la proroga biennale dei termini (di inizio e fine lavori) indicati nei titoli edilizi trova applicazione solo ai termini che non siano già scaduti (al momento della comunicazione dell’interessato), il comma 3-bis non contiene un’analoga specificazione: ragion per cui si potrebbe essere indotti a ritenere che la proroga triennale ex lege del termine di validità e dei termini di inizio e fine lavori contemplati dalle convenzioni urbanistiche si applichi anche ai termini scaduti.

2. La tesi testé prospettata – vale a dire, che la proroga ex comma 3-bis si applicherebbe anche ai termini già scaduti – si presta certamente ad una serie di critiche.

In primis, si potrebbe obiettare che, in via generale, l’istituto della “proroga” presuppone, per sua natura, la perdurante vigenza del termine da prorogare, dal momento che, secondo i principi generali dell’ordinamento, un termine può essere prorogato solo in quanto non sia ancora scaduto.

Ai termini scaduti, si potrebbe aggiungere, trova applicazione non la “proroga” bensì un diverso istituto giuridico, vale a dire il “differimento”; e tale distinzione, del resto, è ben presente anche nella stessa Legge n. 98/2013 (di conversione del D.L. n. 69/2013), il cui art. 49 è appunto rubricato “Proroga e differimento termini in materia di spending review e ulteriori disposizioni urgenti per l’equilibrio del settore sanitario”.

Ed ancora: si potrebbe ulteriormente obiettare che l’art. 30 comma 3-bis è norma di deroga dell’ordinamento giuridico vigente e, in quanto tale, va necessariamente assoggettata ad un’interpretazione formale e restrittiva, dando al termine “proroga” il significato che è proprio dell’istituto; e ciò anche in considerazione del fatto che un’interpretazione estensiva della disposizione potrebbe condurre a conseguenze incongrue sul piano logico-sistematico, portando ad applicare la proroga in questione anche a termini convenzionali scaduti da molto tempo.

3. L’interpretazione formale e restrittiva del comma 3-bis, che si è appena illustrata, sembra trovare un supporto in uno dei pochissimi precedenti giurisprudenziali rinvenibili in materia, vale a dire la sentenza del T.A.R. Umbria n. 381 del 10 luglio 2014, la quale, affrontando il problema della proroga della validità di un piano attuativo scaduto prima dell’entrata in vigore dell’art. 30 comma 3-bis della L. 98/13, ha affermato (sia pure in termini abbastanza apodittici) che la suddetta disposizione non consentirebbe di “prorogare” termini già scaduti prima della sua entrata in vigore.

Ad avviso di chi scrive, tuttavia, anche l’interpretazione “estensiva” del comma 3-bis dell’art. 30 può trovare validi argomenti a supporto: potendosi invero sostenere che la fattispecie disciplinata dalla norma in commento – anche in virtù dei principi di semplificazione e di incentivo all’economia che ispirano il decreto legge in questione – integra una proroga, o meglio, una “riapertura” generale ex lege dei termini di inizio e fine dei lavori regolati dalle convenzioni urbanistiche che trova applicazione a tutti i termini di cui alle convenzioni stipulate “sino al 31 dicembre 2012”, ivi compresi dunque quei termini che, al momento dell’entrata in vigore della norma, siano già scaduti.

Al riguardo, va premesso che, ai fini dell’interpretazione della disposizione, non sembra decisivo l’utilizzo nel comma 3-bis dell’espressione “proroga”, giacché questo termine viene in realtà impiegato dal moderno legislatore indifferentemente per la posticipazione di termini scaduti e non scaduti.

Tanto si apprende dalle pubblicazioni disponibili sul sito internet del Senato della Repubblica: sebbene nel linguaggio legislativo sia conosciuta la distinzione tra “proroga” (per i termini non scaduti) e “differimento” (per i termini scaduti), gli uffici studi del Senato avvisano che nella moderna tecnica legislativa il termine “proroga” viene usato indifferentemente per entrambe le ipotesi.

Ciò risulta, in particolare, dal fascicolo n. 41 della XVI Legislatura redatto dal Servizio per la qualità degli atti normativi dal titolo “Prorogare termini (con decretazione d’urgenza). Su alcune variazioni di tecnica legislativa.”, del marzo 2011, disponibile all’indirizzo http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00737117.pdf.

Si tratta di un documento che analizza la tecnica legislativa recente con particolare riguardo al decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225 (convertito dalla L. 10 del 2011), atto normativo che prevedeva per l’appunto una serie molto numerosa di “proroghe” di termini. Il documento (a pag 2) precisa in particolare che “La proroga o il differimento (a rigore, la prima ove il termine non sia ancora scaduto, il secondo in quanto il termine sia già scaduto; ma in prosieguo si impiegherà l’espressione “proroga” indifferentemente, senza riguardo per tale distinzione) investe un elevato numero di termini.”.

Del resto, dall’esame dei testi legislativi risulta che l’espressione “proroga” è ormai usata per entrambe le ipotesi, ossia quando si tratti di termini già scaduti e quando si tratti di termini non ancora scaduti: si veda proprio il D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 ma anche il più recente D.L. 30 dicembre 2013, n. 150 (“Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”, convertito dalla L. 27 febbraio 2014, n. 15).

Appurato dunque che ai fini dell’interpretazione della disposizione in commento non sembra rivestire portata decisiva e dirimente l’utilizzo da parte del legislatore del termine “proroga”, l’interpretazione estensiva del comma 3-bis parrebbe avallata anche dalla significativa differenza del suo tenore letterale rispetto al precedente comma 3.

Ed invero, il fatto che il legislatore abbia espressamente precisato che la proroga di cui al comma 3 si applica ai soli termini “non decorsi” e non abbia invece inserito un analogo inciso anche nel comma immediatamente successivo sembra doversi ricondurre ad una precisa volontà di diversificare, sotto questo profilo, le due fattispecie, piuttosto che ad una mera “dimenticanza”.

Del resto, la differenziazione tra le due ipotesi di “proroga” di cui si discute sembra porsi in linea con la differenza tra le due fattispecie regolate e le diverse conseguenze previste dalla legge in caso di mancata ultimazione dei lavori. Invero, la mancata ultimazione dei lavori oggetto di un permesso di costruire (a cui si riferisce il comma 3) determina la decadenza del titolo edilizio ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n. 380/2001, di talchè non sarebbe possibile concepire la proroga e quindi consentire l’ultimazione dei lavori attinenti ad un titolo ormai decaduto e quindi inesistente; al contrario, nelle convenzioni di lottizzazione, a cui si riferisce il comma 3-bis, la mancata ultimazione dei lavori non ha conseguenze sul piano della validità o dell’efficacia del titolo edilizio, e quindi ben sarebbe possibile prevedere, anche successivamente allo spirare del primo termine, la concessione ex lege di un ulteriore periodo temporale per l’ultimazione dei lavori.

In definitiva, sulla scorta di tali argomentazioni, si potrebbe sostenere che l’art. 30 comma 3-bis della L. 98/2013 abbia disposto una proroga “automatica” e generalizzata di tre anni riferita ai termini di tutte le convenzioni antecedenti una determinata data (31 dicembre 2012): proroga da riferirsi a tutti i termini, anche se scaduti al momento dell’entrata in vigore della disposizione (21.8.2013), perché nulla impedisce in via di principio al legislatore di intervenire con norma di legge anche sui termini scaduti in deroga al principio generale secondo cui la proroga può riguardare solo i termini non scaduti.

Quanto poi all’ulteriore obiezione, supra richiamata, secondo cui un’interpretazione estensiva del comma 3-bis potrebbe determinare conseguenze illogiche ed irragionevoli, legittimando la proroga triennale anche di termini previsti in convenzioni urbanistiche scadute illo tempore, sembra potersi replicare che sussiste comunque un limite alla portata applicativa della norma: nel senso che per poter beneficiare della proroga in questione la convenzione di lottizzazione deve in ogni caso essere scaduta da non più di tre anni.

Va peraltro ribadito che tale problematica interpretativa ed applicativa del comma 3-bis si presenta di assai incerta soluzione, non certo agevolata, come già ho accennato, dai pochissimi e sporadici precedenti giurisprudenziali sino ad oggi riscontrabili.

 
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