ELEZIONI COMUNALI - INDICAZIONE DI VOTO DI PREFERENZA DIFFORME DALLA LISTA DI APPARTENENZA.
venerdì 26 ottobre 2007
La sentenza che si riporta ribadisce il principio secondo il quale, nel caso in cui, in una scheda elettorale, sia stato dato voto di preferenza ad un candidato (al consiglio comunale) e, congiuntamente, si dia altresì preferenza ad una lista diversa da quella cui il candidato appartiene viene data preferenza alla designazione della lista.
 
La decisione contiene indicazioni anche di carattere processuale, ammettendo che, come principio di prova volto a contestare i risultati delle operazioni, possano considerarsi anche eventuali dichiarazioni sostitutive di notorietà sottoscritte da persone che hanno assistito allo spoglio. Con ciò, tuttavia, non si intende introdurre surretiziamente una prova testimoniale nel giudizio elettorale (che è di sola legittimità), giacché tali dichiarazioni valgono, appunto, solo quale principio di prova e il loro contenuto deve essere poi confermato dalla verifica delle schede elettorali.
 
 

T.A.R. VENETO, sez. III, 25 ottobre 2007:

"Anche per il rilievo sub A manca un adeguato principio di prova, che l’interessato avrebbe tuttavia potuto conseguire,  ad esempio, facendosi rilasciare dal rappresentante di lista una dichiarazione sostitutiva: questa avrebbe giustificato la verificazione delle schede elettorali per la sezione 40, così da stabilire se al Boscolo sia stata realmente negata una preferenza.
È opportuno qui sottolineare come, ammettendo simili dichiarazioni, il Collegio non intende dare surrettiziamente ingresso alla prova testimoniale nel processo amministrativo.
Va infatti distinta, da una parte, la prova sul fatto cui seguirebbe l’accoglimento - o la reiezione – del ricorso (qui, il numero delle preferenze), la quale che può essere data soltanto con i mezzi ammessi nel processo amministrativo (in specie, mediante le schede elettorali); e, dall’altra, il principio di prova sul mezzo istruttorio, il quale ha, come unico effetto, di consentire la ricerca della prova documentale vera e propria, mentre non può certamente determinare l’esito della lite.
5.1. Anche gli altri rilievi proposti in ricorso non sono accompagnati da elementi di prova: ma, anche volendo presumere che la doglianza corrisponda alla situazione reale, la censura non potrebbe comunque venire accolta.
5.2. Infatti, come noto, sulla scheda elettorale per le elezioni comunali nella fase di ballottaggio, il nominativo di ciascuno dei due candidati sindaci in competizione, è affiancato dalle liste che li appoggiano, con i propri simboli, ai quali è aggiunto uno spazio per esprimere la preferenza a favore di un candidato consigliere.
5.3. Qui sarebbe accaduto che il nome di Boscolo sarebbe stato scritto sul rigo a fianco del simbolo d’una lista diversa dalla sua, ma collegata allo stesso candidato sindaco: e tanto basterebbe ad assegnargli tale preferenza.
5.4. Per vero, dal tenore del ricorso non è chiaro se i contrassegni, in corrispondenza dei quali sarebbero state espresse tali preferenze, siano stati votati e rechino perciò il prescritto crocesegno, ma se ciò fosse avvenuto, tali preferenze sarebbero certamente invalide.
Infatti, l’art. 73, III comma, del d. lgs. 267/00 (che ha lo stesso contenuto dell’art. 7, II comma, della l. 25 marzo 1993 n. 81) dispone che il voto alla lista viene espresso “tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta”, e ciascun elettore “può esprimere inoltre un voto di preferenza per un candidato della lista da lui votata, scrivendone il cognome sull’apposita riga posta a fianco del contrassegno”.
Ciò significa che, se il voto di preferenza è stato espresso per un candidato di altra lista, “va ritenuto valido il solo voto di lista, come espressamente disposto dall’art. 57 comma 7, d.P.R. 16 maggio 1970 n. 560” (T.A.R. Lazio Roma, II, 13 marzo 2007, n. 2298; conf. T.A.R. Lombardia Milano, IV, 2 marzo 2007, n. 368): con l’art. 57 cit. “il legislatore ha inteso far prevalere il voto accordato alla lista rispetto alla preferenza accordata (nel riquadro a quella stessa lista corrispondente) a favore di candidato di altra lista; pertanto, nella contraddittorietà insanabile tra le due opposte espressioni di voto, si è inteso privilegiare - con scelta che non appare manifestamente irragionevole - il voto accordato alla lista, in quanto avente, evidentemente, maggiore e determinante spessore politico nella formazione delle maggioranze consiliari” (C.d.S., V, 26 settembre 2006, n. 5643).
5.5. Se invece le schede controverse contenessero soltanto il nominativo del Boscolo, a fianco di una delle liste cui egli non apparteneva, e senza voto sul simbolo, egualmente tale preferenza sarebbe invalida (come peraltro, ancor prima lo sarebbe il voto di lista).
Bisogna infatti ricordare che l’art. 5 del d.P.R. 28 aprile 1993, n. 132, per le elezioni comunali stabilisce che, qualora l’elettore ometta di votare un contrassegno di lista, ma esprima correttamente il voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale, s’intende validamente votata anche la lista cui appartiene il candidato votato (cfr. C.d.S., V, 31 gennaio 2007, n. 388)
È però evidente che il voto di preferenza può essere espresso “correttamente” soltanto se ciò avviene in conformità alle norme che lo regolano, e dunque al citato art. 73, III comma e, dunque, scrivendo il nominativo a fianco del simbolo della lista nella quale il candidato è incluso, tanto più che solo così la volontà dell’elettore risulta sufficientemente chiara da poter estendere il voto alla lista stessa: ciò che non è certamente avvenuto nella fattispecie." 

Ultimo aggiornamento ( venerdì 26 ottobre 2007 )