La proposizione delle domande introduttive e i termini di costituzione nei giudizi amministrativi
venerdì 04 febbraio 2011
Sintesi del seminario del 29.1.2011 (Domenichelli – Pizzato) a cura di Rocco Giacobbe Vaccari
 

Nel nuovo codice del processo amministrativo trova codificazione ed esplicitazione il principio della domanda – o meglio delle domande - inteso come possibilità delle parti di chiedere liberamente varie tutele al Giudice amministrativo.

Tradizionalmente il ruolo della domanda nel processo amministrativo è sempre stato debole: praticamente vincolata nel processo di annullamento, aveva iniziato a trovare un terreno di elaborazione principalmente nell'ambito della giurisdizione esclusiva (es. nel pubblico impiego).

Oggi al suddetto principio è dedicato il titolo terzo del libro primo del Cpa che regola, appunto, “azioni e domande”, ed è composto da due capi.

Il capo secondo è formato dalle azioni di cognizione. Rispetto alla stesura originaria del Codice non sono previste le azioni di accertamento e di adempimento, rimanendo codificate solo le azioni di annullamento (art. 29 cpa), di condanna (art. 30 cpa) e quella avverso il silenzio e per la declaratoria di nullità (art. 31 cpa).

Ma, secondo una certa – condivisibile – costruzione dottrinale (Marcello Clarich) anche le azioni non espressamente codificate, in realtà, si possono desumere dalle tipologie di sentenze e di condanne che si possono ottenere dal Giudice Amministrativo: in base alle statuizioni del giudice si ricavano, a ritroso, le domande giudiziali che la parte può proporre (e vedere accolte).

Quindi, vista la nuova  impostazione del processo amministrativo, si può affermare che un uso attento delle modalità di articolazione delle domande permette di costruire azioni non tipizzate nel codice; il processo si apre quindi alla fantasia degli operatori del diritto e la semplice domanda di annullamento rimane quella “regina”, ma non è certamente più l’unica proponibile. (Anche la giurisprudenza si sta adeguando a questa evoluzione della domanda, si vedano ad esempio le seguenti pronunce: Consiglio di Stato, Sez. V, Sent. n. 7086 del 23.09.2010;Tar Lazio, Roma, Sez. III, Sent. n. 41 del 05.01.2011; Tar Marche, Sez. I, Sent. n. 2 del 10.1.2001; Tar Lazio, Roma, Sez. III Quater, Sent. n. 11 del 04.01 2011. Per completezza si evidenzia come non sia ancora definita la questione relativa alla possibilità o meno di esperire la domanda di risarcimento del danno da ritardo per mancata conclusione di un procedimento amministrativo; per qualche spunto: Adunanza Plenaria, C. di S., n. 7 del 15.09.2005; Tar Lombardia, Milano, Sez. I, n. 07 del 10.01.2011; Tar Lombardia, Milano, Sez. I n. 35 del 12.1.2011).

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Per quanto concerne gli strumenti introduttivi della domanda giudiziale nel processo amministrativo, annoveriamo: il ricorso principale (art. 40 cpa), il ricorso incidentale (art. 42 cpa) e i motivi aggiunti (art. 43 cpa).  

Rimandando alla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 11 del 2008 per considerazioni relative all’ordine di esame dei ricorsi, rileviamo che tali strumenti sono considerati allo stesso modo per quanto riguarda il versamento del contributo unificato (che è dovuto per tutti e tre tali mezzi).

Occorre precisare però che, per quanto riguarda i motivi aggiunti, ragionando secondo logica, se questi si riferiscono  ad atti già impugnati il versamento del contributo non è dovuto in quanto già precedentemente versato (in quanto, argomentando dall'art. 43, essi non introducono domande nuove ma solo "nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte", per cui non integrano il presupposto contributivo). Comunque è da ritenere che il mancato versamento del contributo unificato – essendo solo un adempimento fiscale (che la segreteria controlla ex art. 5, All. n. 2, DLgs n. 104/2010) – non possa comportare l’inammissibilità dell’atto.

Il contenuto del ricorso è stabilito dall'art. 40 del cpa. In relazione alla  lettera a) si osserva l’assenza della menzione del codice fiscale: quindi non è necessario indicarlo nell'atto, come peraltro ha già avuto modo di chiarire la Sezione VI del Consiglio di Stato con la pronuncia n. 7981 del 09.11.2010.

In relazione alla lettera b), si badi che occorre indicare oltre (“eventualmente”) al provvedimento anche l’oggetto della domanda. Altresì si noti come non sia sanzionata la mancata indicazione della “p.e.c.” sebbene prevista all’art. 136 cpa, e come non sia menzionata tra gli elementi l’indicazione dei mezzi di prova: visto che il giudice può chiederli alle parti d’ufficio (art. 63 cpa) è da ritenere la non necessità dell’indicazione degli stessi (essendo l'istanza di parte necessaria e  dunque non supplibile dal giudice solo per la prova testimoniale).

Parlando di azioni e di domande che instaurano un contraddittorio assumono importanza i termini processuali previsti dal Codice. L'azione di annullamento (art. 29 cpa) si propone nel termine di decadenza di 60gg – tale termine concerne pure il ricorso incidentale e i motivi aggiunti.

Un’eccezione al termine “normale” di 60 gg si ha nelle procedure indicate nell'art. 119 lett. a) cpa  in tema di appalti, in cui i termini ordinari sono dimezzati.

Altro termine peculiare (120 gg) è quello di proposizione dell'azione di condanna I co., al risarcimento per lesione di interessi legittimi (art. 30 cpa); e la brevità di tale termine sembra in realtà non aver superato la pregiudizialità amministrativa. Senza qui dilungarsi negli aspetti di criticità di tale azione[1], proponiamo alcuni possibili esempi di ordinaria diligenza, chiesta dalla norma per evitare l’esclusione del risarcimento: essere intervenuti nel procedimento amministrativo ex art. 9 - L. n. 241/1990, aver proposto alla P.A. un'istanza di annullamento in autotutela ex art. 21 nonies - L. n. 241/1990, aver comunicato il preavviso di  ricorso in tema appalti ex art 243 bis - DLgs n. 163/2006.

Rispettati quindi gli incombenti degli artt. 44 e 45 cpa, i ricorrenti possono attendere la costituzione delle parti intimate.

Il termine di 60 giorni indicato nell’art. 46 cpa è considerato ordinatorio (v. però art. 101 co. 2 con riferimento al giudizio di appello) e in assenza di un termine massimo di decadenza si può affermare che la costituzione del resistente possa avvenire anche in udienza. In tal caso però gli saranno preclusi documenti e memorie ex art. 73 cpa, e gli resterà solo la possibilità di fare una costituzione formale.

Si precisa infine che, vista l’obbligatorietà del patrocinio di un avvocato ex art. 22 cpa vanno valutate negativamente eventuali produzioni di scritti difensivi o di relazioni esplicative da parte di una Pubblica Amministrazione non costituita in giudizio a mezzo di un difensore.

 

 

 



[1]    Sull'argomento vedi la nota di R. G. Vaccari intitolata “Alcune perplessità sull'azione di condanna nel nuovo Codice del processo amministrativo” pubblicato sul presente sito il 16.11.2010.

Ultimo aggiornamento ( lunedì 07 febbraio 2011 )