Un lampante esempio di “schizofrenia” legislativa: l’Articolo 28 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69
martedì 25 giugno 2013

Sto esaminando in questi giorni, credo come ognuno di Noi cc.dd. “addetti ai lavori”, il testo del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Supplemento ordinario n. 144 del giorno 21 giugno 2013 ed in vigore da ieri, 22 giugno 2013, come dispone l’Articolo 86 del medesimo corpus normativo) il quale contiene non poche novità che vanno ad incidere su numerosi aspetti dell’Ordinamento Giudiziario, processuale ed anche sostanziale (peraltro, in più brache del diritto: si va dalla reintroduzione della cc.dd. mediazione obbligatoria in molteplici vertenze civili; all’adduzione di nuove norme all’interno della Legge fallimentare in materia di concordato preventivo; alla disciplina afferente alla motivazione delle sentenze civili e così via).

Operando la precitata disamina mi sono imbattuto, nel Titolo II^, sotto la rubrica “semplificazioni”, nel Capo I^, a sua volta rubricato “Misure per la semplificazione amministrativa”, in una norma giuridica (l’Articolo 28 del D.L.), a sua volta intitolata “Indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento” che è molto strana, particolare e chiaro sintomo di una certa qual “schizofrenia” legislativa (termine utilizzato, si badi bene, con tutto il necessario rispetto). Ora, a tenore della precitata norma giuridica (comma primo) la P.A. procedente o quella responsabile del ritardo ed i soggetti di cui all’Articolo 1, comma I^ ter, della L. 7 agosto 1990, n. 241, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte, per il quale sussista un obbligo giuridico di pronunziarsi, con esclusione delle fattispecie del silenzio tipizzato e dei concorsi pubblici, corrispondono all’interessato, a titolo di indennizzo per il mero ritardo, una somma pari ad € 30,00 per ogni giorno di ritardo con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento amministrativo, importo, comunque, complessivamente non superiore ad € 2.000,00. L’iter per ottenere l’indennizzo è il seguente (disciplinato dai commi secondo e terzo della norma giuridica oggetto del presente intervento): l’istante è tenuto, in prima battuta, esclusivamente ad azionare il potere sostitutivo, previsto dall’Articolo 2, comma IX^ bis, della L. n. 241/1990 entro il termine decadenziale di sette giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento amministrativo; i soggetti di cui all’Articolo 1, comma I^ ter, della medesima L. n. 241/1990 individuano, a tal fine, il responsabile del potere sostitutivo. Questo comma già impone due considerazioni. La prima: è legittimo assoggettare l’esercizio di un diretto preordinato ad ottenere un indennizzo ad un termine decadenziale così breve? La seconda: se il comma I^ dell’Articolo 28 del D.L. n. 69/2013 prevede un importo di € 30,00 giornalieri fino ad un massimo di € 2.000,00 e se il relativo potere deve essere necessariamente esercitato, a pena di decadenza, entro il termine di sette giorni dalla data di scadenza del termine di conclusione del procedimento amministrativo, quando mai il privato istante potrà ottenere un indennizzo pari ad € 2.000,00? Ma le “stranezze” della norma non sono, di certo, finite qui. Infatti, per l’ipotesi in cui il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento o non liquidi l’indennizzo, soltanto in tal caso il privato istante potrà adìre il Giudice Amministrativo, a’ sensi e per gli effetti di cui agli Articoli 117 e 118 C.p.a. Sia il Giudizio avverso il silenzio – inadempimento, che la domanda intesa ad ottenere l’indennizzo sono trattate con rito camerale ed il Giudizio è definito con sentenza pronunciata in forma semplificata. Ancora una volta emerge la chiara intenzione del Legislatore di ritenere il ricorso al Giudice come una sorta di extrema ratio, non si sa davvero se in maniera costituzionalmente conforme a quanto prevedono gli Articoli 24 e 113 della Costituzione. L’unica “consolazione” (anche se davvero magra, per ciò che si dirà nel prosieguo) è che il contributo unificato, in consimili fattispecie, è ridotto alla metà del dovuto (ossia, se non erro, dovrebbe esser pari ad € 150,00, ossia € 300,00 previsti per il rito del silenzio – inadempimento ridotti alla metà). Tuttavia, il precetto che segue, vale a dire il comma IX^ dell’Articolo 28 D.L. n. 69/2013, è “figlio” (ancora una volta e purtroppo) di quella cultura che vede il Giudizio Amministrativo come una sorta di inutile intoppo. Infatti, qualora il ricorso sia dichiarato inammissibile o respinto in relazione all’inammissibilità (formula tecnicamente erronea) o alla manifesta infondatezza dell’istanza (da intendersi quale istanza di natura sostanziale, ritengo), il G.A. “con pronuncia immediatamente esecutiva” (tali sono, peraltro, tutte le pronunce del Giudice Amministrativo) condanna il ricorrente “a pagare in favore del resistente una somma da due volte a quattro volte il contributo unificato versato”. La norma continua prevedendo fattispecie già ben note nella prassi giudiziaria vale a dire che la pronuncia a carico della P.A. sia comunicata, a cura della Segreteria del Giudice che l’ha pronunciata, alla Corte dei Conti al fine del controllo di gestione sulla P.A., al Procuratore Regionale della Corte dei Conti per le valutazioni di competenza, nonchè al titolare dell’azione disciplinare verso i dipendenti pubblici interessati dal procedimento amministrativo. Per contro, la novità è che nella comunicazione di avvio del procedimento e nelle informazioni del medesimo, pubblicate ai sensi dell’Articolo 35 del D.lgs. n. 33/2013, deve essere fatta menzione del diritto all’indennizzo, nonché delle modalità e dei termini per conseguirlo ed è, altresì, indicato il soggetto cui è attribuito il potere sostitutivo ed i termini a questo assegnati per la conclusione del procedimento amministrativo. Tutto quanto sopra esposto ha comportato che all’Articolo 2 bis della L. 7 agosto 1990, n. 241 sia stato aggiunto un comma secondo; la precitata norma si compone ora non più di un solo comma bensì di due commi. A questo punto, assolutamente stupefacente e contraddittorio con quanto previsto dal comma I^ è il comma Xˆ della norma in disamina, a tenore del quale “Le disposizioni del presente articolo si applicano, in via sperimentale e dalla data di entrata in vigore della Legge di conversione del presente Decreto, ai procedimenti relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa iniziati successivamente alla detta data di entrata in vigore”. Ossia, par di capire, trattandosi di norma posto all’interno di un “pacchetto anti-crisi” tutti i procedimenti amministrativi che siano diversi dall’avvio e dall’esercizio dell’attività di impresa, sia pure in via sperimentale e provvisoria, sono esclusi dal raggio applicativo della norma de qua; ovvero, il che è lo stesso, per detti procedimenti nulla è mutato, quanto a disciplina normativa e diritto all’indennizzo, rispetto a quanto già prima del 20 giugno 2013 previsto e l’Articolo 28 D.L. n. 69/2013 è per essi inoperativo ed inesistente. Con precetto di chiusura, l’Articolo 28 D.L. n. 69/2013 prevede  che decorsi diciotto mesi dall’entrata in vigore della Legge di conversione del D.L. n. 69/2013, sulla base del monitoraggio relativo alla sua applicazione, con Regolamento emanato ai sensi dell’Articolo 17, comma II^, L. n. 400/1988, su proposta del Ministro per la Pubblica Amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la Conferenza unificata, sono stabilite la conferma, la rimodulazione, anche con riguardo ai procedimenti amministrativi esclusi, o (addirittura) la cessazione (sic!!) delle disposizioni contenute nell’Articolo 28 D.L. n. 69/2013, nonché “eventualmente” il termine a decorrere dal quale le disposizioni normative in esso contenute siano applicate, “anche gradualmente”, ai procedimenti amministrativi diversi da quelli relativi “all’avvio” ed “all’esercizio dell’attività di impresa”.

Mi sia consentito un amaro e disincantato commento conclusivo: se quello esaminato è un esempio di “New Deal” della semplificazione amministrativa, ritengo che la strada da percorrere sia davvero ancora molta prima di pervenire a risultati accettabili e soddisfacenti.                  

Preme sottolineare che il presente modesto contributo, oltre a riportare fedelmente i contenuti dell’articolato normativo in disamina, contiene le opinioni, meditate ma davvero del tutto personali, di colui che lo ha redatto.

Padova, lì 23.06.2013

Giovanni Attilio De Martin