A che cosa serve una “unione nazionale” degli amministrativisti
lunedì 23 giugno 2014

(riflessioni a margine del convegno di Milano del 20 giugno 2014) 

di Stefano Bigolaro.

Milano, 20 giugno.L'Unione nazionale degli avvocati amministrativisti è nata giusto quattro mesi fa.

Il convegno odierno "giustizia amministrativa: ostacolo o servizio?" e' la sua prima uscita pubblica: un'iniziativa realizzata insieme alla società lombarda - Solom e alle altre camere amministrative lombarde, ma che ha certamente un respiro nazionale.

Quando si è pensato di costituire l'Unione nazionale, che riunisce molte delle associazioni locali degli avvocati amministrativisti esistenti in Italia, pensavo che rispondesse soprattutto a ragioni concrete, limitate e anche un po' utilitaristiche: l'entrata in vigore del sistema delle specializzazioni forensi e dei crediti formativi specialistici, che rendeva necessario costituire un soggetto di dimensioni nazionali.

Poi, però, ci si è trovati in un momento potenzialmente cruciale per il sistema stesso della giustizia amministrativa.

L'inizio di questa fase si è avuto ad agosto dell'anno scorso, con le dichiarazioni di Romano Prodi - e il loro ampio risalto sulla stampa - che facevano derivare dall'abolizione dei Tar e del Consiglio di Stato l'effetto di aumentare il PIL.

Sull’onda di questi concetti si è così giunti fino al discorso programmatico al Senato di Matteo Renzi del febbraio scorso: nella giustizia amministrativa starebbe una delle cause del rallentamento delle opere pubbliche e della fuga degli investitori; "siamo un paese in cui lavorano più, negli appalti pubblici, gli avvocati che i muratori. (...) Siamo al punto che i tribunali amministrativi regionali discettano di tutto. Siamo al punto che un provvedimento di un sindaco (in alcuni casi, anche del Parlamento) è comunque costantemente rimesso in discussione in una corsa ad ostacoli impressionante”.

Insomma, la politica ha manifestato l'intenzione di intervenire radicalmente sulla giustizia amministrativa; e vi è la percezione che l'opinione pubblica, non comprendendo le vere ragioni in gioco, sia favorevole ad ogni intervento radicale.

Le critiche sui conflitti di interesse e i privilegi dei giudici amministrativi nonché sui costi della giustizia amministrativa caratterizzano il dibattito: critiche degne di ogni considerazione, ma che forse non giustificano la soppressione 'tout court' del sistema della giustizia amministrativa.

E infine il momento, anche per altre vicende (expo, mose), è ora diventato drammatico per il clima generale di perdita di fiducia della collettività nella pubblica amministrazione (e, in qualche modo, anche nella giustizia amministrativa).

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In questo panorama complessivo, l'idea alla base del convegno di Milano è chiara.

Si tratta di riaffermare cose che dovrebbero essere evidenti, ma forse non lo sono. In sintesi: che deve esservi una tutela giudiziaria del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione; e che si può anche discutere a chi vada affidata tale tutela (se al giudice amministrativo o a quello ordinario),  ma l'esistenza di un giudice speciale - di un sistema di giustizia amministrativa - risponde a ragioni non solo storiche, ma di efficacia nella risposta che deve essere data al cittadino.

Chiarito questo, ogni altra cosa può poi essere messa in discussione, nel comune obiettivo di una maggiore efficienza del sistema e della eliminazione degli abusi.

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E così eccomi al convegno di Milano.

Non deve essere stato facile: Joseph Brigandi' si sposa sabato prossimo, ma dice che lo ha impegnato più il convegno che il matrimonio...

Dopo l'intervento iniziale del 'padrone di casa' - Mario Viviani, presidente di Solom - gli spunti offerti dalle relazioni si susseguono.

L'analisi comparata (Barbara Marchetti) conferma che anche negli altri ordinamenti europei, in particolare Francia e Germania, è diffusa la soluzione di un giudice separato per il contenzioso con la pubblica amministrazione.

Sempre guardando agli altri sistemi, suggerimenti e idee vengono da Aldo Travi: ad esempio, il giudice monocratico per le cause più semplici o per quelle seriali; la possibilità di perseguire anche nel giudizio amministrativo, in una fase preliminare, soluzioni conciliative. A parte il dubbio di fondo: basta la specializzazione del giudice del contenzioso amministrativo, o serve un giudice speciale? Ma, comunque la si veda, dice Travi, in ogni caso i giudici dell'amministrazione, al pari di tutti i giudici, non devono solo “essere” indipendenti, ma anche “apparire” indipendenti; e l'apparenza può venire meno in presenza di incarichi esterni.

Sulla stessa lunghezza d'onda, all’incirca, i rappresentanti dei giudici amministrativi. Così Lo Presti, ANMA: bisogna far cessare quelle ambiguità che hanno fatto sì che i giudici amministrativi siano percepiti nell'opinione pubblica come “un po' meno giudici” degli altri. Così Chieppa e Patroni Griffi (che pur rilevano che gli incarichi ai giudici amministrativi possono anche avere delle ragioni).

Ma il pensiero di fondo è chiaro:  il giudice amministrativo può essere considerato un ostacolo solo in un sistema ideale in cui la pubblica amministrazione agisce sempre correttamente (come sintetizza Chieppa).

Né certo si può pensare di sopprimere la tutela cautelare nel processo amministrativo, come illustrato nella relazione di Raimondi.

Il pomeriggio inizia quindi con le considerazioni di Fantigrossi, presidente dell'Unione, su alcuni punti fondamentali del nostro lavoro: il contributo unificato non può essere usato per la deflazione del contenzioso amministrativo; l'avvio del processo amministrativo telematico è un obiettivo condiviso (anzi, un processo amministrativo 'senza carta' è quello che l'unione vuole), ma i gravi problemi che tutto ciò crea non sono gestiti con la dovuta attenzione; e il decreto-legge e' uno strumento sbagliato per compiere scelte che pesantemente incidono sul sistema giustizia (come l'eliminazione delle sezioni staccate dei Tar).

A seguire, il racconto di Pericu sui mutamenti che vi sono stati da quando il Tar Milano veniva chiamato 'Tar Ribolzi' (erano ben pochi, allora, gli avvocati che patrocinavano davanti al giudice amministrativo); le testimonianze di vari soggetti portatori di interessi collettivi che hanno potuto apprezzare la tutela fornita dal gIudice amministrativo; fino all'intervento conclusivo di Marilisa D'amico (ma esiste davvero un principio superiore di rilievo costituzionale che rende insopprimibile il giudice amministrativo nel nostro ordinamento, cosicché non basterebbe neppure una modifica del testo costituzionale? Speriamo....).

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Ma, come spesso accade nei convegni, i problemi emergono con maggiore chiarezza alla fine, e ti rimangono dentro.

Così gli interventi finali di Fiorenzo Bertuzzi e di Angelo De Zotti evidenziano ancora il contenuto più incisivo del previsto nuovo decreto legge (in programma per lunedì 23): la soppressione delle sezioni staccate dei Tar a partire da ottobre.

È una decisione - se verrà assunta - priva di istruttoria, inaspettata e in realtà del tutto improvvisata.

Può anche sembrare il meno: si temeva che venissero soppressi i giudici amministrativi nel loro insieme, invece vengono soppresse soltanto le otto sezioni staccate oggi esistenti in Italia... Ma non è così che può intervenire il legislatore.

Al riguardo viene diffuso un comunicato dell'Unione: la soppressione delle sezioni staccate è sbagliata, allontana il servizio dagli utenti, allunga i tempi della giustizia e ne aggrava i costi.

Insomma, è unanime il giudizio che così non si fa: ed è il metodo, prima di ogni altra cosa, che proprio non va nella scelta di sopprimere le sezioni staccate.

È il metodo che preoccupa, con il rischio di quel che può ancora essere disposto dal potere politico allo stesso modo (cioè unilateralmente, senza verificare le effettive conseguenze di quel che si decide, ma solo l'impatto mediatico). Che sia un caso che nessun rappresentante politico, nonostante i molti invitati, e' oggi presente al convegno?

Di fronte a un problema di carattere generale come questo - proprio perché si tratta di un problema di metodo - è ora l'Unione che deve assumere (o almeno provare ad assumere) un ruolo di coordinamento su scala nazionale delle iniziative degli operatori della giustizia amministrativa.

Non possono essere le singole associazioni locali ad operare in modo isolato, a pena di ritrovarsi impotenti di fronte a questo e a ogni altro cambiamento imposto unilateralmente. E l'Unione deve tenere anche i rapporti con i giudici amministrativi, ai quali pure nessuna considerazione è stata riservata dal legislatore (come rileva De Zotti, neo presidente del Tar Brescia, il quale manifesta di sentirsi in realtà come un “esodato”).

È questa situazione che, dunque, impone ora all’Unione di concretizzare le proprie potenzialità, di mostrare le proprie capacità.

Forse pensa ancora che stia scherzando. Ma saluto Umberto Fantigrossi dicendogli che fa bene a dedicarsi a tempo pieno a fare il presidente dell'Unione (quanto alla sua professione, avrebbe sì diritto a una aspettativa....).

Ultimo aggiornamento ( martedì 22 luglio 2014 )