IL PAT SI REGGE SU UN SISTEMA CHIUSO
giovedì 26 gennaio 2017

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DI FRANCESCO VOLPE

 

Con la sua entrata in vigore, il pat comincia a rivelare i suoi aspetti intimi.

Tra questi, il fatto che esso si basa su un sistema tecnologicamente “chiuso”.

In effetti, una delle principali differenze, rispetto al corrispondente processo civile telematico, è il fatto che gli atti non vengono inviati previo il passaggio per un “redattore” e la compilazione di una “busta”. Tutte queste fasi, nel pct, hanno lo scopo di creare un file di testo a cui i server di via Arenula attingono, riempiendo in automatico, con i dati estratti dal file, i campi del database su cui poi verrà costruito il fascicolo processuale telematico.

Uno degli scopi della telematizzazione dei processi, invero, è l'automatizzazione delle operazioni di trattamento dei fascicoli, fino a ieri affidato alla penna dei cancellieri e dei segretari. Di fatto, attraverso la telematizzazione, il compito di costoro viene trasferito dalle cancellerie e dalle segreterie ai singoli studi professionali.

Tuttavia, il pat ha optato per una scelta diversa da quella operata con il pct e il trasferimento delle anagrafiche di causa non avviene attraverso un file di testo (".txt", "xml" o analoghi, per intenderci), ma attraverso un file pdf. Si tratta del c.d. modulodepositoricorso e del c.d. modulodepositoatto.

Come sappiamo, il formato pdf non è libero, ma proprietario; i relativi diritti spettano ad Adobe Systems Software. Detta società, però, da molti anni, consente l'utilizzazione libera di questo formato anche alle "terze parti", pur riservandosene la privativa. In altre parole, esistono molti software, anche non sviluppati da Adobe, che sono in grado di produrre file pdf, di leggerli o di modificarli.

Forse, però, non è diffusamente noto che i file pdf non sono tutti uguali tra loro.

Alcuni, ad esempio, sono file c.d. immagine, altri sono “testuali”, nel senso che è possibile selezionare e copiare, dal loro interno, parti di testo scritto.

Ma chiamare “testuali” questi file pdf non è del tutto corretto.

In tutti i casi, infatti, i file pdf, a differenza dei file testuali in senso proprio (per intenderci: i file .txt o simili), sono il risultato di una elaborazione avviata da un particolare software.

Ciò significa che i file pdf, anche quando sono “testuali”, non sono la semplice memorizzazione dei caratteri in essi registrati, come avviene invece con un file txt. Quanto vediamo sulla schermata del nostro calcolatore, quando apriamo un file pdf (ma lo stesso vale per i formati .doc e .docx e molti altri), è il risultato di una compilazione – cioè di una trasformazione – di un codice sorgente, operata dal software, per mezzo della quale compare "l'immagine" che leggiamo. In realtà, dunque, anche i file pdf testuali sono, a modo loro, file immagine.

Questo fatto di per sé impedirebbe l'estrapolazione in automatico dei dati contenuti in quei file. Mentre, per intenderci, aprendo un file xml, il CED è in grado di dirigersi automaticamente sui vari campi e di trasferirne le informazioni contenute (nome delle parti, indicazione del giudice, tipo di atto depositato) nei propri database, altrettanto non è possibile fare con un file pdf normale. Perché esso è come una specie di "fotografia", sulla quale non è possibile dare comandi automatici di ricerca e di selezione.

Per ottenere lo stesso risultato occorre dunque utilizzare un file pdf ulteriormente diverso, che è in grado di contenere delle macro (cioè dei comandi attivi, che vengono azionati ogni volta che si apre il file) in grado di trasferire un determinato contenuto nel database associato alla macchina (i server del SIGA). In altre parole, a differenza di quanto avviene con un file txt (in cui il campo è letto dal server), con questi file pdf è il file stesso ad azionare un comando sul server e a immettere i dati: i dati non vengono letti dal server, ma vengono trasferiti dal file sul server. Il file, cioè, non è oggetto di una semplice lettura passiva, ma è autore di un trasferimento attivo dei dati che contiene.

Ora, a differenza dei file pdf comunemente diffusi, questo particolare tipo di file pdf, pur avendo la stessa estensione (termina con una desinenza “.pdf”, come tutti gli altri) è, attualmente, generabile solo con software di proprietà di Adobe.

Inoltre, è solo con software esclusivo di Adobe che è possibile leggere quel particolare tipo di file pdf in modo tale da azionare le macro ivi contenute ed estrapolare i contenuti dei singoli campi. 

Il software in questione si chiama Adobe® LiveCycle® Designer ES4 e, secondo quello che la casa madre specifica, queste sono le sue caratteristiche: “Adobe® LiveCycle® Designer ES4 software helps you easily author form and document templates that combine high-fidelity dynamic presentation with sophisticated XML data handling. LiveCycle Designer ES4 lets you create form templates that can output to paper, PDF, and HTML5 without having to write scripts. Advanced layout capabilities let you preserve the appearance of imported PDF documents, while spell-check and customizable user dictionaries reduce the chance of errors”.

Appare ora chiaro che il SIGA si avvale di questo specifico software nella elaborazione dei nostri modulodepositoricorsi e modulodepositoatti.

Questa è anche la ragione a causa della quale i prontuari diffusi dal SIGA sul pat sono espliciti nell'indicare che quei moduli debbono essere redatti con software Adobe (Reader o DC) e che essi debbono essere firmati digitalmente passando esclusivamente attraverso i medesimi software. Infatti solo Reader e DC sono in grado di generare pdf contenenti le macro di cui sopra parlavo, sicché solo i file pdf generati da prodotti Adobe possono, poi, essere correttamente processati e consentire l'estrapolazione automatica dei dati.

Diversamente, non ci sarebbe stata nessuna ragione per impedire che la firma digitale venga apposta direttamente “dall'esterno”, come è comune fare.

Tutto questo per dire che il pat, diversamente da quello che era stato proclamato, si regge su un sistema software chiuso ed estremamente rigido. Esso dipende integralmente da un assai particolare formato di file e da alcuni programmi che, attualmente, sono di proprietà e di sviluppo di un unico produttore al mondo.

Si obietterà che Adobe Systems Software è una delle maggiori softwarehouse del pianeta. E questo è vero.

Ma è anche vero che la giustizia amministrativa è una delle funzioni essenziali dello Stato.

Se domani, per un qualsiasi accidente (fallimento o smembramento della società, insorgere di emergenze informatiche di qualsiasi tipo, ritiro o mancato sviluppo del prodotto), non si potesse più contare su quel software e su quel formato di file, occorrerebbe ridisegnare tutto l'apparato informatico del pat. Nel breve termine, si correrebbe anche il rischio di andare incontro ad un blocco di sistema.

Mi auguro che su queste cose chi di dovere abbia seriamente riflettuto e abbia preso le dovute precauzioni.

Ultimo aggiornamento ( giovedì 26 gennaio 2017 )